Cerca in Lettere agli Amanti

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martedì 20 maggio 2014

Tortuga, 0

Non avete perso il meno uno, non c'è stato. Il meno uno era la generale e, piuttosto che scrivere un post raffazzonato e tirato via, ho preferito darmi il tempo di dire qualcosa di più sull'incorruttibile sogno di cui parlavo nel meno due.
Il grande Gatsby, libro mai abbastanza letto, racconta la storia di un ragazzo che venuto dalla parte più sfortunata del mondo tenta con accanimento di esaudire il suo grande desiderio. Che non è una cosa semplice, contiene una donna, forse non all'altezza delle sue aspirazioni, uno stato sociale, un riconoscimento da parte della società, un tramonto incantevole, la felicità che sa perfettamente non potrà mai raggiungere. Ruba, uccide, mente per quel sogno. Alla fine muore, con uno stupore consapevole in viso. Ma non viene sconfitto. Nessuno può sconfiggere chi sa di non poter vincere.
Anche Kafka ha trattato il medesimo argomento ne "Il messaggio dell'Imperatore". L'imperatore ha inviato dal suo letto di morte un messaggio proprio a te, misero suddito al confine dei suoi infiniti possedimenti. Ma il messaggero che deve portartelo non riuscirà mai nell'impresa. Tu, però, sei alla finestra e ne sogni, quando scende la sera.
Il sogno incorrutibile, che non può essere contaminato, che non può tramontare ma che non può essere neppure coronato fino in fondo è quello che gli artisti condividono con il pubblico. Prende tante forme diverse, racchiude tante qualità, follie, nequizie, narcisismi, sacrifici, feste, menzogne, ma esso rimane il motore che consente all'umanità di procedere verso chissà cosa. Ma di procedere.
Tortuga è quel sogno, che però, in parte, si è già realizzato. Non era possibile, nel maggio del 2014, raccontare questa storia. Invece l'abbiamo fatto, meglio, l'abbiamo preparata. Da stasera condividiamo quel sogno con le creature che verranno a vederlo. E quando dico creature non c'è la benché minima ironia nel termine. Creature, esseri viventi che miracolosamente esistono e che ci ascolteranno. Costruiti da Dio, da più dei, dal caso o da una serie di errori, non importa, ognuno creda quello che meglio ritiene plausibile. Il fatto è che esistono e verrano. Mi sembra un grande dono. Li ringrazio fin da ora, sperando che dopo loro ringrazino noi.
 

lunedì 19 maggio 2014

Tortuga, -2

Il quanto è davvero interessante. Non è soltanto una questione di mero denaro, ma ci sono alcune considerazioni da fare. Perché il quanto, dirò una cosa pericolosa, non è importante. Io non so se siamo fuori da una crisi economica, vivo in una crisi economica personale da troppi anni per riuscirmi a occupare della crisi comunale, regionale, nazionale o planetaria. So che nel mio lavoro la crisi è continuata e che ci si basa su risorse statali, dirette (Ministero) o indirette (assessorati di regioni, province o comuni vari) che si sono evidentemente impoverite se non inaridite.
Lo considero un delitto, ma anche una naturale conseguenza di un uso a sproposito della parola cultura.
Nel nome di questa innocente, vilipesa, derisa e deturpata parola si sono consumati atrocità intellettualoidi e favori agli amici e agli amici degli amici, sostenendo Pseudomaestri che devono la loro autorevolezza esclusivamente all'anagrafe o Pseudogiovani esterofili dimentichi di quello che è avvenuto precedentemente al loro evitabilissimo avvento, sempre nell'assoluto disprezzo del pubblico e della cosa pubblica, del tanto sbandierato bene comune.
Il pubblico è sempre stato considerato non all'altezza del prodotto che gli veniva propinato, che fosse o una medicina amara ma necessaria, non si sa bene a cosa, o un metodo per stordirlo con una marea di goffe riproduzioni di vecchie, stantie e superficiali commedie degli equivoci, come se il pubblico stesso non fosse composto da adulti senzienti, ma da minus habens che dovevano essere elevati o titillati nelle parti basse, se non brutalmente sodomizzati, provocati per scuoterne le coscienze, già notevolmente ammaccate.

domenica 18 maggio 2014

Tortuga, -3

Un'altra cosa. Più profonda, più netta, meno disposta a patteggiare. Anzi, totalmente indisposta a patteggiare.
Alcuni luoghi comuni smentiti durante le prove:
 
1) Le gerarchie fra giovani e anziani che lavorano insieme sono sempre a favore degli anziani.
 
Falso. Quando giovani e anziani sono in ascolto gli uni degli altri l'esperienza diventa un elemento non inappellabile e minore rispetto a quella strana qualità eversiva che è il talento. Sulla base esclusiva dell'esperienza, del già fatto e quindi funziona, l'umanità non avrebbe mai fatto neppure un passo in avanti sulla strada della civiltà. Saremmo fermi alle pitture rupestri e al nuraghe. E, per finire con una citazione a me cara di uno dei massimi pensatori del XX secolo: "Se l'esperienza contasse davvero, vecchi stupidi non ci sarebbero." (Salvatore Gioielli, padre dello scrivente e mai abbastanza rimpianto per la sua lapidaria saggezza.)
 
2) Le cose preziose hanno sempre un alto costo di fattura.
 
Falso. Le cose preziose hanno un alto costo di talento e impegno personale. Il resto dipende da una seria e puntigliosa organizzazione del lavoro.
 
3) Un artista è libero e non ha responsabilità se non nei confronti di se stesso.
 
Falso. Un artista ha delle responsabilità nei confronti di se stesso, degli altri artisti con cui lavora, del pubblico che verrà a vedere la sua/loro opera.
Ha un'alta responsabilità nei confronti della società in cui vive e quello che fa dev'essere strumento di comprensione di sé e degli altri.
Un artista ha la più grande responsabilità etica concepibile nella fattura stessa della sua opera.
Un artista concepisce moralmente gli altri come fine e non come mezzo, a maggior ragione se pagano del denaro per vedere la sua creazione.
 
Tortuga è la prova che una società dello spettacolo sostenibile, rigorosa, affascinante ed esteticamente perfetta sia non solo augurabile ma realizzabile. Ecco cosa è diventata durante le prove: una necessità per tutti coloro che collaborano alla sua epifania. Questa è l'altra parte del come che avevo promesso ieri.
 
Domani, invece, il quanto.
 

venerdì 16 maggio 2014

Tortuga, -4

Il testo di Tortuga nasce come un gioco, come i mille che compie lo scrittore frustrato.
Resomi conto che tutto quello che scrivevo era inallineabile al tempo presente, che non ero uno scrittore di commediola e che non avevo la torva volontà di essere incomprensibile degli autori più a la page, per reazione, forse per rabbia (essa è un dono e va usato e custodito con cura) ho deciso di scrivere un testo che avesse come protagonisti un uomo e una tartaruga mutante che vivono in un dopo catastrofe o in un pre catastrofe o in una catastrofe a ciclo continuo.
Mi divertiva che due esseri la cui comunicazione fosse impossibile per definizione, comunicassero, invece, con una neolingua da me inventata e costruita, difficilissima da leggere ma semplicissima da comprendere se ascoltata. Trappolone spaventoso. Le prime pagine sono andate via lisce sull'onda dell'entusiasmo della novità ma a poco a poco la lingua ha preso una fisionomia propria, una propria grammatica, una sintassi etc. etc. Quindi ho dovuto imparare la lingua che avevo inventato, mentre i poveri personaggi percorrevano la bizzarra trama che si erano procacciati con le rispettive bizzarre nature.
A un certo punto avevo deciso di lasciar perdere, tutti i cassetti degli scrittori, ormai virtuali, sono pieni di folgorazioni che durano lo spazio di una settimana e che vengono poi abbandonate a favore di altre folgorazioni dotate di una vita media più lunga.

giovedì 15 maggio 2014

Tortuga, -5

Lo facciamo per esistere. Lo facciamo per la bellezza, non la grande, quella piccola, nostra e di chi viene a vederci. Ma lo facciamo, soprattutto, perché non abbiamo alternative. La nostra collaborazione, che è un eufemismo definire tale, con chi si occupa di dare una veste grafica a tutto quello che facciamo ne è un'evidenza. LSD Lostudiodorme ha con noi una connivenza che non è stata fondata su teorie astratte ma sulla reciproca comprensione di quello che faceva l'altro, dell'altissima competenza e amore che venivano usati nella costruzione dei progetti. Noi e loro siamo diversi ma uguali nell'inseguire una visione che non sia corriva e che non strizzi l'occhio a una indifferenziata commerciabilità. Siamo pionieri e combattenti, con la forza delle idee e del nostro lavoro cerchiamo ossessivamente la migliore soluzione possibile. Siamo entrambi servitori del bello e del pubblico che guarda e che assiste alle nostre azioni e siamo ostinati e contrari. Siamo eccellenze.
Tortuga è una sintesi abbastanza precisa di quello che facciamo insieme, col suo corredo di oggetti concepiti e manualmente eseguiti da LSD. Lo spettacolo italiano e quello romano in particolare ha una straordinaria capacità di dimenticare, per comodità dei mediocri che, in tal modo, ritengono di essere scopritori illuminati di cose in realtà già fatte e archiviate come inutili. In quest'epoca, appunto, di mediocri, le eccellenze devono temere per il proprio futuro.

mercoledì 14 maggio 2014

Tortuga, -6

Tortuga è una creatura semplicissima e complicata. I post che seguiranno da qui alla prima rappresentazione cercheranno di testimoniare quello che è accaduto e che accade durante le prove, quello che io penso e penserò, più altre cosette che mi sembra ingiusto anticiparvi. Cercherò di essere sincero. Mi sembra già un ottimo punto di partenza.
Circa vent'anni fa mio padre mi raccontò una vicenda della mia famiglia: un mio zio, Gaetano, aveva la fissazione e l'ambizione di scoprire antenati della nostra famiglia che fossero nobili, conti, duchi o, perché no, re, principi. Si rivolse a un istituto di ricerche araldiche perché accertasse le origini della famiglia Gioielli, certo che i nostri nobili natali sarebbero stati sanciti in modo inequivocabile. La risposta tardò ad arrivare ma alla fine giunse, piuttosto inaspettata: il nostro cognome, Gioielli, era una storpiatura dall'originale francese, Joyeux, allegro. Così venivano genericamente definiti coloro che scendevano al seguito di truppe francesi nelle loro campagne di conquista. In particolare i Joyeux erano giunti in Italia al seguito di Pipino il Breve ed erano saltimbanchi e prostitute. Le nostre ascendenze erano quindi chiare ma assolutamente nettate dal benché minimo sospetto di nobiltà. Quindi io discendo da buffoni e puttane, gente che faticosamente allietava le serate di soldataglia francese intorno all'anno 1100.

venerdì 22 novembre 2013

Ordinatamente

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 

"Sono passati molti mesi, ora è il tempo giusto, per chiedersi e rispondere. Io di domande, durante questo periodo lunghissimo, alle mia anima sfracellatasi con te, non ne ho fatte. Ho voluto prima curarla, risparmiandole l’ulteriore dolore di cercare le risposte. Anche perché di risposte da darle non ne avevo. Dunque ho taciuto e l’ho distratta, raccontandole fiabe e poesie o tutt’al più chiedendole di aspettare in perfetto silenzio. Il dolore urlato è inutile. Il dolore, per avere speranza di guarire, va sparso ai piani bassi, come una polvere che i pensieri soffiano piano, su, su, fino alle narici, fino al cervello, che è il posto giusto per il dolore. All’interno della mia esistenza, tu non avevi speranza di entrare. Ogni cassetto conteneva ordinatamente i pezzi della mia vita.

Ordinatamente è l’avverbio che la descrive con ossessiva precisione.

Banale è l’amore che scoppia improvviso.

lunedì 4 novembre 2013

Alla mia M.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Decise di chiuderla definitivamente.
Prese una busta capiente e radunò tutte le cose che gli appartenevano.
La prima idea fu quella di gettarle in un cassonetto, ma si rese conto che le serviva più tempo per un gesto di tale durezza.
Così si trovò a sfiorare per l'ultima volta oggetti e ricordi.
Dispose sul fondo di plastica le opere di Eduardo, non prima di aver riletto accuratamente la dedica a inizio pagina.
Alla mia M.
Ricordò quanto effetto le fece sentirsi attribuito quell'aggettivo possessivo.
Sopra il libro posizionò gli anfibi. Un dono senza pretesto cui ancora non riusciva ad attribuire un significato.

venerdì 25 ottobre 2013

C'era una volta

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Ci scusiamo con chi ci ha inviato altri contributi: con calma pubblicheremo tutto.
 
"C'è e ci sarà sempre un solo uomo nella mia vita, forte come la roccia ma allo stesso tempo fragile come il vetro. E sono qui oggi per raccontarvi della nostra storia. Ci siamo conosciuti il 10 novembre 1998, lui indossava un camice verde che tiene ancora conservato come un lingotto d'oro nel suo armadio. Da quel giorno, non mi ha mai tradita. Sai quell'amore che ti toglie il respiro? Che ogni volta che ci litighi ci stai male? Che non vedi l'ora di vederlo nonostante tu sia sempre scontrosa con lui, acida, insopportabile. Lui è quella persona che ogni volta che cadi ti porge la mano per tirarti su. Che nonostante tu gli porti continui dolori e amarezze, lui è sempre con il sorriso stampato in volto. È alto, secco ma non troppo. Ha le mie stesse labbra, quando ero piccola infatti mentre ci lavavamo davanti allo specchio io ci guardavo e gli dicevo "mettiamoci vicini, guarda, abbiamo lo stesso sorriso."

giovedì 5 settembre 2013

Luce, quarta parte

 
 
Pronto?”
“Sì.”
“Neanche ciao?”
“Ciao. Dove sei?”
“Lo sai.”
“Speravo avessi cambiato idea.”
“Quando?”
“Non lo so. Sul treno.”
“No, non ho cambiato…”
“Speravo che fossi sceso alla fermata prima, o a Firenze, addirittura, o a quella dopo.”
“No, non…”
“Ma tu sei uno forte, no? Devi dimostrare di avere le palle.”
“Non devo…”
“Che poi è sempre stato il tuo problema.”
“Può darsi.”
“Sai che c’è? Così dimostri solo che non ce le hai, le palle.”
“Eli, non…”