Cerca in Lettere agli Amanti

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mercoledì 31 agosto 2011

Pil

In questi mesi, giorni, ore di discussioni su manovre economiche sempre più bizzarre e bizantine, insensate e illogiche, mi è parso giusto pubblicare un brano del discorso che Robert Kennedy tenne il 18 marzo 1968 presso l'università del Kansas. Le ultime parole, "America" e "americani", possono essere sostituite con qualunque sostantivo e aggettivo vogliate, Italia e italiani, Marte e marziani, Mondo e umani, scegliete voi.

Quindi, abbiamo cercato e volentieri pubblichiamo.

"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

martedì 30 agosto 2011

Alla fine

Un medico solido ed esperto mi ha detto, su una delle ultime spiagge di quest'estate declinante, che gli è venuto il dubbio che il tentativo di salvare a ogni costo persone molto anziane in pessime condizioni, con capacità intellettuali e deambulatorie estremamente ridotte, con autosufficienza assente o quasi, debba essere circoscritto da regole chiare, onde evitare lo sconfinamento nell'accanimento terapeutico.
Ho ricordato una notte in ospedale con mio padre. Si è addormentato alle tre, aveva un tumore ai polmoni, non poteva più muoversi da solo. Le gambe gli dolevano in modo insopportabile e il mio massaggiarle, che ho protratto per molto tempo, gli ha dato, alla fine, un paio d'ore di riposo.
L'ho visto abbandonato nel letto della camerata dove mi era stato concesso di accompagnare il suo sonno, magrissimo, il volto distorto dalla malattia, e ho pensato che se fosse bastato premere un pulsante per mettere fine alle sue sofferenze, l'avrei fatto.

lunedì 29 agosto 2011

Lacrime e cascate

Ogni lacrima è una cascata
Ogni cascata è una vita
Ogni vita è la vita
Che tu vuoi per te

Ogni lacrima ti ferma
Ti ferma lì a guardarla
Ma tu non sai che fare
Solo le puoi parlare

Ma ogni lacrima è una cascata
Che è troppo innamorevole
Mentre corre per le scale
Esce dalla porta e non saluta

Così tu le corri dietro
Lei senza mai ascoltare
Quel che le vuoi dire
Quel che la può fermare

Ogni lacrima s'aspetta
Che tu l'asciughi in fretta
Ma l'ho detto, è una cascata
Non la blocchi, ti colpisce

Toglie il fiato, ti smarrisce
Hai una faccia desolante
Se nessuno ti ha mai detto
che tu sei un bravo amante

Puoi darle un'altra cosa
Un'altra vita, non la mia
Un'altra vita, non la tua
Un'altra vita, la vostra

Quella che vi spetta
Quella che vi aspetta
Quella che volete
Quella che meritate

Ogni lacrima è una cascata
Ogni cascata è una vita
Ogni vita è la vita
Che ti porta via.

domenica 28 agosto 2011

Vulcano

Nell'ambito dei rapporti umani esistono filiazioni di diversa natura, spesso non biologica.
Sono figlio di Charles Dickens, di Kafka, Marguerite Yourcenar, Philip Roth, Peter Brook, Giorgio Strehler, Vittorio De Sica, Eduardo De Filippo, andando più indietro nel tempo di Shakespeare, Dante, di Euripide, Platone, Socrate, ancora più indietro, dei rabbini, degli scriba Egizi e Sumeri. Sono figlio dei Fenici.

sabato 27 agosto 2011

Sorprese da cozza

Si conclude in modo sorprendente la trilogia di Muscle. Lo ringraziamo per il suo prezioso contributo.

Non ha condiviso, mia moglie, la scelta di scrivere sull'amore per le cozze.
Non ha confessato, ovviamente, la gelosia per le cozze della mia adolescenza, né manifestato fastidio per la pubblicità assicurata alla mia curiosità per la cozza moderna. Questo non potrebbe farlo di certo. Anche lei, come me, ama le cozze da sempre, anche lei ne ha provate di tipi diversi, per forma, consistenza, sapore. Anche lei ricorda con nostalgia i loro profumi adolescenziali, le scorpacciate inconfessabili. No, non è questo il suo punto.
Trova, piuttosto, detestabile l'eccessiva ambiguità dei miei racconti, come se volessi ancora nascondere quello che non dovrei, e che ora è comunque impossibile, celare.

venerdì 26 agosto 2011

Profumo di cozza

Come avevamo anticipato, ecco la seconda parte della trilogia di Muscle dedicata alla cozza. La terza e ultima parte verrà pubblicata domani.
Se non ricordate la prima parte, potete leggerla cliccando sui link dell'archivio post sulla colonna di destra.

Era stato un pomeriggio dedicato a soddisfare la sua passione per le cozze. Ne aveva goduto avidamente, all'aperto, con foga adolescenziale. L'odore era rimasto sulle mani, sulle dita, sotto le unghie.
Tornando a casa, sul Morini Zz grigio, lasciava a tratti il gas rapido per odorare il sapore del mare.
Lavati le mani, è pronta la cena, aveva detto sua madre, con un tono di dolce comando che non ammetteva repliche. Come quello di tutte le mamme del suo tempo.
Aveva esitato di fronte al lavandino a colonna; ancora non esistevano quegli osceni armadietti così utili quando devi riempirli di tutte le cose inutili che popolano i bagni moderni. Poi, pregustando la cena, aveva preso la saponetta profumata nella mano sinistra, girandola e rigirandola nella stessa mano.

giovedì 25 agosto 2011

Steve, o mio Steve

Non posso dire di essere un Mac evangelista, come si definiscono i tifosi del MacOs inteso come sistema operativo, fondamentalisti della Apple e di tutto quello che riguarda gli oggetti che Apple ha prodotto, ma senza tali oggetti la mia vita sarebbe stata diversa in un modo che fatico a concepire.
Non avrei scritto, forse non avrei usato il computer, magari mi sarei chiuso in quell'ostinato e cieco sentimento antitecnologico che ancora regna in parte della mia generazione. Non avrei avuto gli strumenti per rendere la mia esistenza più piena, creativa, vivace.
Il personal computer è una straordinaria opera dell'ingegno umano. Senza di esso la Rete non esisterebbe e voi non stareste leggendo questo blog. Non avreste comunicato con i vostri amici tramite email o un social network, non avrebbero avuto successo le rivoluzioni democratiche nel mondo arabo, e chissà quante cose ancora che non sappiamo.

mercoledì 24 agosto 2011

Scavare

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Ho scavato dentro me stesso fino alle ossa
Ho scavato dentro alle ossa e non ho trovato nulla,
ma intanto ho imparato a scavare
e questo mi basta,
perchè questo mi resta."

Alfredo

martedì 23 agosto 2011

Lontano

"La lontananza, sai, è come il vento
che fa dimenticare chi non s'ama
È già passato un anno ed è un incendio
che
mi brucia l'anima."
Domenico Modugno

L'ètimo della parola nostalgia ha a che fare col dolore del ritorno, con il rimpianto di una condizione preesistente positiva (sono a casa) e un'altra condizione negativa (non sono a casa e vorrei tornarvi).
Per estensione, il dolore della lontananza dalla persona amata è dovuto all'allontanamento da quella casa mobile che è l'affetto dell'altro o dell'altra.
Nel mondo greco non esisteva la parola nostalgia, tuttavia la sintesi più potente di questo sentimento è data dall'Odissea, il poema del ritorno per eccellenza.
Argo, il cane di Ulisse, muore fra le braccia del suo padrone, dopo averlo tanto atteso. Muore per la fine della lontananza dalla sua casa. Che non è Itaca, dove il cane è sempre rimasto, ma Ulisse stesso. È lui la casa di Argo, come per gli amanti la casa è la presenza fisica dell'amato.
Platone asseriva che l'amore non è nient'altro che la pulsione a riunificare quel corpo un tempo unico, l'uomo-donna che oggi è separato.
Non è così facile, altrimenti non si avrebbe nostalgia di un paesaggio, di una pianta, di un giocattolo, di una formica che si è vista transitare lenta e apprensiva, molto tempo fa, alla ricerca di cibo. Perché quella formica, dopo aver trovato quello che cerca, torna indietro? Per assolvere un compito, alimentare le larve? O perché vuol tornare a casa?

lunedì 22 agosto 2011

Automobili

Basta che senta una frenata brusca e volta il capo di scatto, la schiena si tende nell'attesa dello scontro e, se esso si verifica, lei gioisce.

Questo hanno di bello gl'incidenti automobilistici, la nettezza del loro prima, automobili che procedono, durante, scontro, dopo, stop dell'universo, auto ferme o distrutte, morti, feriti o sospiri di sollievo.

domenica 21 agosto 2011

Marie

Riceviamo e pudicamente pubblichiamo.

"Marie,

questa vita senza di te

non ha ragione di respirare.

Soffice neve,

compagna

di giorni perduti.

Consolatrice

di giorni che lacerano la tua assenza.

Tracce

perdute

su questa neve

che memoria non ha.

Il passo destro

incoraggia il sinistro

a tracciare la sua flebile impronta.

La vergogna del sinistro

inconsolabile.

Perché da quando manchi tu

“due” è solo una parola tra tante.

La mia bocca non emette più suoni

perché la molteplicità non c’è più

da quando manchi tu,

Marie."

Valeria Lelli

sabato 20 agosto 2011

Addio, Amy

Da una giovanissima e assidua lettrice, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Tutti sanno della morte di Amy Winehouse.
A me, all'inizio, non me n'era fregato più di tanto.
Poi, un giorno, ascoltavo l'iPhone di mio padre e a un certo punto da quell'oggetto esce la voce più bella che abbia mai sentito, mi sono innamorata di quella voce, provavo per lei qualcosa di vero, di profondo. Ho guardato di chi fosse quella voce melodiosa ed era sua, di una ragazza morta di alcol e droga.
Sprecando quella bellissima cosa. Era così meravigliosa.
E se adesso penso che è morta mi si gela il cuore e qualche lacrima contorna il mio viso.
Avrei voluto conoscere quella voce prima della sua morte.
Ora mi rendo conto che abbiamo subìto tutti una gran perdita, la perdita di quella stupenda persona, Amy. Che ingiusta è stata la vita con lei.
Andasse a quel paese la gente che la prende in giro, che mette le foto sulla Rete con scritto "Guardate i denti di Amy", lasciate in pace il mio amore, lasciate in pace la persona che amavo, che amo.

Lucia

venerdì 19 agosto 2011

Il mantra di Leo


Abbiamo deciso di pubblicare questo post, vistosamente più lungo degli altri contenuti in questo blog, per due motivi:
Primo: l'ha scritto e inviato Alfredo (vedi post Airone);
Secondo: siamo fieri di ospitarlo.
Quindi, riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Leggetelo fino in fondo, ne vale la pena.

"In Teatro ho avuto due Maestri: Vittorio (Gassman) e Leo (de Berardinis).
Del primo conservo gelosamente una lettera, che non ho mai fatto leggere a nessuno. Del secondo, con il quale ho a lungo lavorato, custodisco alcuni piccoli segreti. Leone de Berardinis è morto il 18 settembre 2008, dopo 7 anni di coma vegetativo. Durante quel periodo scrissi questo articolo per un convegno che portava il suo nome. Poi, come in trance, lo lessi in pubblico...

Il mantra di Leo

E’ da un po’ di tempo che penso ad un film sulla vita di Leo. Sono convinto che raccontare la sua vita (pubblica e privata), potrebbe essere un modo per raccontare la nascita del nuovo Teatro Italiano, e quindi la nascita di una nuova Cultura: parafrasando Pasolini, il titolo ideale potrebbe essere “Una disperata ilarità”. Perchè Leo era (ed è) un uomo terribilmente divertente.
Per ragioni personali ho studiato questa strana dimensione chiamata coma. Fulvio De Nigris, della Casa dei Risvegli, sostiene che è una sintomatologia (insieme di patologie) che riguarda la persona, e come tale deve essere curata.
Per ragioni familiari ho frequentato per 8 anni il reparto di rianimazione dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Cosa pensa una persona in coma? Dove va la sua mente? La mente di un uomo terribilmente divertente.

giovedì 18 agosto 2011

Airone

Con Alfredo siamo stati compagni di studi, studi teatrali.
Eravamo molto giovani, io più di lui.
Ho sempre pensato che avrei dovuto far per lui qualcosa che non ho fatto, ma non sono mai riuscito a comprendere con chiarezza cosa.
Nulla, probabilmente, perché in realtà Alfredo aveva bisogno di troppo.
Ci siamo riincrociati, dopo trent'anni, casualmente, attraverso uno degli spiragli sul passato che offre la Rete.
Ci siamo sentiti, anche, una telefonata lunga e di grande affetto, perché ne abbiamo ancora, l'uno per l'altro, mi è parso.
Un altro paio di telefonate, per questioni pratiche che lo riguardavano e per le quali non sono riuscito ad aiutarlo, poi niente. Non ci siamo neppure visti.
Alfredo è una di quelle persone di cui si parla, in modo favolistico, che si è certi che esistano nel mondo, ma che non riusciamo mai a riconoscere.

mercoledì 17 agosto 2011

Lezione di tango

Tesoro, è presto.
Presto per cosa?
Per tutto, per tutto.
Per me?
Per noi.
Come faremo?
Aspetteremo.
Fermi?
Balliamo.
Qui?
Sì. Se puoi.
Posso.
Se vuoi.
Voglio.

Tesoro, è il tempo giusto, è questo il tempo.
Per tutti quelli intorno a noi.
Per tutti quelli che desiderano.
Per me e per te.

Quanto parli, sta zitto e vieni qui.

Quanto parlo, sto zitto e vengo lì.
Sto zitto e mi perdo.
Sto zitto e ti prendo.

Basta.

Sto zitto.

Tesoro, è tardi.
Tardi quanto?
Tanto tardi, tanto che non si può più.
Come faremo?
No, come farai.
Io? E tu?

Mi hai sentito? E tu?

Dove sei?

Tesoro?

Chi sei?

Tesoro?

Chi eri?

Tesoro.

martedì 16 agosto 2011

Cohen

Anna ci ha inviato queste parole. Sono di Leonard Cohen. Volentieri pubblichiamo.

"Gli amanti
sono senza nome, la storia di ognuno appartiene solo all'altro
e tu hai la stanza, il letto e le finestre.
Fingi che sia un rito.
Dispiega le coperte come vele, seppellisci gli amanti, oscura le finestre,
lasciali vivere in questa casa per una o due generazioni.
Nessuno osa disturbarli.
[...]
Un giorno la porta si apre sulla camera degli amanti.
La stanza è diventata un denso giardino,
pieno di colori, odori, suoni che non hai mai conosciuto.
Il letto è morbido come un'ostia di luce solare,
se ne sta da solo al centro del giardino.
Nel letto gli amanti, con lentezza e volontà e silenzio,
eseguono l'atto dell'amore.
[...]
Quando le posa la bocca sulla spalla
lei non sa decidere se la sua spalla
ha dato o ricevuto il bacio.
[...]
Lui le passa le dita lungo i fianchi
e sente che sono i suoi fianchi ad essere accarezzati.
Tu sei in piedi davanti al letto, in lacrime dalla felicità.
Mentre ti spogli stai cantando, e la tua voce è magnifica.
[...]
Sali sul letto e sei di nuovo carne.
[...]
C'è un solo momento di dolore o dubbio.
[...]
Ma una bocca bacia quel momento e una mano lo consola."

lunedì 15 agosto 2011

Amore per le cozze

"Amore per le cozze" è il primo di una serie di post che uno scrittore internazionale di grande rilevanza ittica ha deciso di scrivere per noi in questi giorni ferragostani. Si firma con uno pseudonimo, Muscle.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Ora sono difficili da trovare. Solo al Sud appaiono ancora, furtive, lungo qualche spiaggia poco alla moda, o in alcune cucine di paesi dai nomi alieni, dove i più anziani ancora le apprezzano, le ricercano, le aprono con abilità antica per consumarle con rapidità vorace. Al Nord, o tra i giovani, sono quasi introvabili, sconosciute, se non per qualche intenditore dai gusti particolari. Eppure la prima che ho assaggiato era così, pelosa, come tutte quelle che si conoscevano, di cui si parlava tra ragazzi. Chiusa, misteriosa, dal profumo intenso, di mare. Difficile da aprire, resistente fino a quando la lama recideva il legamento, per diventare poi docile a schiudersi, per mostrarsi nel suo rosa intenso, con la carne gonfia ai lati e più scura all'interno. Amo le cozze, da sempre. Ho imparato a prepararle in molti modi diversi e ad apprezzarle di piccole dimensioni. Ora abbondano solo quelle "normali", glabre, disponibili in grande quantità, in ogni luogo e in ogni periodo dell'anno. E queste, lo confesso, forse mi piacerebbero anche di più di quelle della mia giovinezza, ma a casa nostra siamo tradizionalisti; mia moglie non apprezza queste mode stravaganti. Ed è lei a fare la spesa.

Muscle

domenica 14 agosto 2011

Scusami, Angelina

I sensi di colpa sono difficili da rimuovere.
Si ricordano spesso nella forma di volti colpiti da nostre affermazioni o da domande dette allo scopo di ferire, oppure da nostre menzogne, spesso inutili.

sabato 13 agosto 2011

Déi

Teofilo tendeva a essere continuamente attratto, forse per il nome, da qualunque forma di religione e, più in generale, di spiritualità. Era stato cristiano, ebreo, musulmano, non in quest'ordine, buddista, animista, battista, induista, maista (una setta statunitense che adora il Dio Pannocchia), mormone.
A pochi secondi dalla fine, sul letto di morte, ha radunato gli déi che aveva adorato e ha dichiarato loro di amarli tutti, incondizionatamente,
Essi si sono riuniti a loro volta e gli hanno comunicato che purtroppo era dannato perché non aveva mai preso una decisione definitiva su chi fosse il vero dio, o i veri déi.
Teofilo, chiudendo gli occhi per l'ultima volta, ha sorriso e ha detto: "Peccato, ero sicuro di essermi meritato la salvezza."
Uno degli déi presenti, non diremo quale per motivi di riservatezza, ha sussurrato: "Teofilo, la salvezza era qui, finché eri vivo. Se non perdevi tutto quel tempo con noi, l'avresti capito."
Ma Teofilo, ormai, non poteva più sentirlo.

giovedì 11 agosto 2011

Zanza e il mare

Qualche anno fa, un mio amico ha attraversato una crisi di natura imprecisata ma non per questo meno virulenta. Imprecisata per me, ho capito in seguito, ma non per lui. Una crisi, diciamo così, esistenziale.
Il mio amico, chiamiamolo Zanza, per celare quanto possibile la sua identità, ha cercato le cause sommerse del diffuso malcontento che sentiva nei confronti della propria vita.

Zanza è un uomo di un'intelligenza molto superiore alla media, estremamente sensibile, con una bella famiglia, un lavoro che gli permette di guardare al futuro con serena fiducia e che lo nutre quotidianamente di stimoli sempre nuovi e gratificanti. Ha raggiunto un'eccellente posizione professionale e si è collocato fra i migliori del suo paese e, forse, d'Europa.

Tutto bene.

Ma Zanza, a un certo punto, ha denunciato una frattura fra quello che era e i sacrifici che faceva per accontentare tutti coloro che gli stavano intorno, moglie, figli, colleghi, datori di lavoro, amici, parenti e affini, per eccesso di generosità. Non lavorava quanto gli sarebbe piaciuto fare, a causa della famiglia, non stava con la famiglia come avrebbe desiderato, a causa del lavoro, e così via.
Ha intuito che l'unica soluzione era scegliere una cosa terza che avrebbe sempre voluto fare e che non aveva nemmeno iniziato, per come lo assorbivano sia il lavoro che la famiglia. Avrebbe dovuto fare una cosa senza costrutto immediato ma per puro, personale piacere egoistico.

Ha iniziato ad andare a vela, tutti i fine settimana.

Quando, molto tempo dopo, mi ha raccontato la bellezza di condurre, col vento in faccia, tredici metri di un mostro legnoso, nel silenzio totale, a parte lo scricchiolare di sartìe e lo sciabordìo delle onde contro lo scafo, sotto il cielo notturno più stellato che avesse mai visto, ho capito che aveva fatto la scelta giusta.

Ugualmente, quando ha aggiunto la gioia di condividere con quello che definiva "il suo equipaggio" (amici e amiche d'occasione, incontrati a causa della comune passione per la navigazione a vela) piaceri profondi ed elementari come la lettura a voce alta di un libro in un lungo trasferimento marino, ho pensato che era stato davvero bravo a uscire fuori con uno slancio così innocuo ed efficace da una situazione che avrebbe potuto portarlo a decidere, per esempio, di fuggire con una procace baby sitter ucraina verso le isole del sud, per poi tornare con la coda fra le gambe in seno alla famiglia e al lavoro di cui aveva pensato di voler fare a meno.
Poi ha parlato della natura, della meraviglia di sentirla così prepotente, minacciosa e nello stesso tempo rassicurante e materna, di come gli mancassero perfino le burrasche, perfino le bonacce in mezzo al mare in cui non c'era un alito di vento per ore.

"Ti mancano?", ho detto, "Perché?"
"Perché non ci vado più", ha risposto, "non ho tempo."
La crisi era passata? O non c'è modo di farla passare?

Voglio molto bene a Zanza, cerca sempre di fare del proprio meglio, con tutti, e a volte dimentica se stesso.
Non è un santo, è proprio così che si vive.

mercoledì 10 agosto 2011

Giardinieri

L'uccello giardiniere vive in Australia e riesce a conquistare la femmina soltanto creando per lei il miglior nido che un membro della sua specie sia in grado di costruire.

Gli ornitologi definiscono l'uccello giardiniere il più umano fra gli uccelli, in quanto dimostra un notevole gusto per il bello.

Esso crea una piccola radura e un nido, alto circa un metro, intorno al quale sistema fiori, lattine, carta stagnola, conchiglie, ciottoli bianche, brillanti scarabei, che uccide personalmente, senza nessun altro scopo se non quello di rendere piacevole la vista del nido, secondo i canoni dell'uccellina giardiniera. Adorna il tutto con festoni di feci di bruco, notoriamente piuttosto lucenti.
Può impiegarci da sei mesi a tre anni.
Quindi, si sistema sulla cima della costruzione, lanciando il suo richiamo d'amore.
A volte, da un albero cade una foglia secca, creando un certo disordine. Allora, l'uccello giardiniere si affretta a spazzare l'ingresso e subito dopo torna al suo posto per continuare il canto.

Quando arriva la femmina, il maschio scende a terra e compie una complessa danza per conquistarla definitivamente. A volte, nella foga del ballo, danneggia il nido.

Se la femmina non gradisce, se ne va e al giardiniere non resta che riparare i danni, salire di nuovo sul nido e ricominciare a cantare.
Se la femmina accetta, invece, abbagliata dalle abilità costruttive e danzanti del futuro partner, rimane nella radura e concede il premio di tante fatiche.

Allo schiudersi delle uova, il maschio sarà già altrove, a costruire altri e meravigliosi nidi, lasciando la compagna di una sera a occuparsi da sola della prole. Non tornerà mai più.

Non ho capito se l'uccello giardiniere è astutissimo o è un idiota.

The Muppet Show

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il post non è firmato col nome reale del mittente.

Qualche giorno fa, guardavo giocare mio figlio e pensavo che per i bambini è naturale credere vere cose che sanno benissimo che in realtà sono invenzioni, detestano che qualcuno ridacchi delle cure che riservano a un pupazzo, il fatto che sia finto non toglie nulla alla verità e all'importanza di quelle cure.
Noi invece non vediamo l'ora di ridacchiare dei sogni altrui e, quel che è peggio, anche dei nostri.
Quel leggero, ironico cinismo che raggiungiamo da grandi è una difesa, non abbiamo più diritto di illuderci, non lo sappiamo più fare e così ridiamo degli ingenui, dei poeti e dei matti.

A volte spieghiamo anche ai bambini che non è giusto rimanerci male se perdono il loro miglior amico, è finto, altro sarebbe se fosse vivo, no?
Loro capiscono, dopo pianti inconsolabili si consolano e così fanno un altro passetto verso la realtà e perdono un altro pezzetto di libertà.

È meglio smettere di illudersi, si dice, ma perché?
Perché è meglio?

A me manca tanto credere in un amore senza fine, mi manca talmente che non riesco ad amare come prima, come quando ci credevo.
Non è meglio, le mie illusioni mi servono, mi fanno vedere tutto più bello, anche me stessa, e mi fanno credere che il futuro sarà migliore, mi danno forza, per sopportare le delusioni, ricostruire, guardare avanti.

Allora tieniti le illusioni e vivi felice, vien da dire, no?

No.

Marianna

martedì 9 agosto 2011

Vedi immagine

Mi sono sentito in dovere di ringraziare tutti coloro che fino a oggi hanno visitato questo blog. Ossia, voi che state leggendo.
Dette visite sono quintuplicate in cinque giorni, raggiungendo la microscopica ma per altri versi ragguardevole cifra di circa cento al giorno.
Potevo non ringraziarvi?

Vorrei però che foste meno timidi, che v'iscriveste al blog, che commentaste, che mi scriveste una vostra lettera agli Amanti, breve, per favore, che cercherò di pubblicare, una ogni settimana, solo dopo avervi sottoposto la redazione finale.
Potete parlare di tutto, ma questo l'avete già capito, purché il tema, esposto o sottinteso, sia l'amore, come recita la presentazione.
A tal scopo, è stato aperto un apposito account: lettereagliamanti@gmail.com, visibile in alto a destra, dove potete inviare i vostri scritti. Cliccateci sopra e mano alla tastiera.

Questo blog non ha promozione quindi, se volete, pubblicizzatelo voi. Altrimenti, sarà un nostro segreto, va bene lo stesso.

Un'ultima cosa: il sondaggio termina il 12 agosto. Dopo ce ne sarà un altro, uno a settimana. Votateli, vale la pena. Ci conosceremo un poco meglio.

Un'ultimissima cosa: domani ricomincerà la normale pubblicazione dei post.

Complimenti, state partecipando alla più bizzarra esperienza presente sulla Rete.

Non è vero, ma mi piaceva la frase.

lunedì 8 agosto 2011

Perché?

"Mi ami?"
"Tanto."
"Perché?"
"E tu? Mi ami?"
"Certo."
"Perché?"
Rimangono a parlarne per ore, giorni, mesi.
Qualcosa che c'entra con le maree, dicono,
O forse con i fiori che appassiscono.
No, ha a che fare con l'aria.
No, con l'acqua.
Magari è solo sesso, si sussurrano.
Magari è addirittura sesso, si gridano.
Non è nulla di tutto questo e mille altre cose ancora,
si arrendono.
Ma a volte sembrano distratti
e invece si chiedono perchè.
Un giorno lo capiremo, dicono.
Scuotono la testa, no, il giorno è adesso, affermano.
Così, non ci pensano più.
Hai visto, mi dico, alla fine si amano.

domenica 7 agosto 2011

Tanti auguri

Con due giorni di colpevole ritardo desidero rivolgere i miei migliori auguri alla Signora Paola Concia e alla Signora Ricarda Trautmann per il loro matrimonio officiato in Germania.
Che è la stessa nazione che investe circa il doppio dell'Italia nella Cultura, con criteri meritocratici, ovviamente.
Che è la stessa nazione la cui straordinaria capacità economica sembra la nostra principale ancora di salvezza per uscire dalla congiuntura finanziaria nella quale siamo precipitati.
Siamo sicuri che fra le tre questioni non ci sia un nesso?
In altre parole, siamo sicuri che l'avanzamento della civiltà, intesa come rispetto senza pregiudizi di concetti come amore e bellezza non produca sviluppo economico e ricchezza?
Toh, ricchezza e bellezza fanno rima.

Leggerezza

Non so quando sia iniziato, credo più meno alla fine degli anni sessanta, ma il termine "leggerezza" è diventato una parola d'ordine, un approccio obbligato per tutto quello che riguardava il comportamento personale, dall'amore, appunto, da vivere con "leggerezza", al lutto, da elaborare con "leggerezza".Da lì, il crollo delle ideologie, l'intrecciarsi e il terminare dei rapporti interpersonali, da consumare con sorrisi e senza drammi, il dovere come insopportabile e ingombrante bagaglio che non aveva nessun valore, anzi, c'impediva di essere "leggeri".

Tutti, più o meno, alla fine di una lamentazione, giustificata o non, ci siamo sentiti ammonire che è meglio vivere la vita con "leggerezza".

Leggerezza dopo leggerezza, sembra che siamo volati via.

Rivendico il piacere di essere, a giorni alterni, una mattina sì e una no, o il primo trimestre di ogni anno, completamente, inesorabilmente, assolutamente "pesanti" e vedere cosa succede.
Chi lo sa, magari staremo meglio, e capiremo meglio le cose, e riusciremo anche a far stare meglio gli altri.

Tanto, a tornare leggeri ci si mette un attimo.

sabato 6 agosto 2011

Giovani


Amare le generazioni che verranno dopo di noi non è un merito ma un dovere.
Il riflesso che lasciamo nei loro occhi è l'unica luce che rimane accesa quando viene la notte.
E la notte, prima o poi, arriva per tutti.


venerdì 5 agosto 2011

Amina e Ahmed

Ahmed e Amina si conoscevano da quando erano bambini. Le loro famiglie non erano particolarmente amiche, ma loro due giocavano spesso insieme. Un giorno, Ahmed ha guardato meglio la ragazzina che era diventata Amina e l'ha trovata bellissima, un giunco, ha detto proprio così al fratello più grande, la sera. Il fratello non ha risposto nulla, ma il giorno dopo, al mercato, l'ha preso in giro davanti a tutti i suoi amici. Ma Ahmed non si vergognava ed era contento che Amina, lì accanto, avesse sentito. Il giorno dopo, Ahmed aveva aspettato che rimanesse sola, le aveva preso la mano e le aveva detto che voleva sposarla, un giorno. Amina aveva chinato il capo e quando l'aveva rialzato aveva sorriso così bene e così forte che non aveva neppure dovuto dire "Sì" perché Ahmed capisse che anche lei voleva stare con lui.

Dopo sette anni, Ahmed e Amina erano riusciti a mettere da parte i duemila euro che servivano per andare via dall'Eritrea, in Italia, e da lì in Francia, a Tolosa, dove qualche tempo prima era riuscito ad arrivare il fratello di Ahmed. Non potevano rimanere dov'erano, sarebbero morti di fame. Erano giovani, poco più che ragazzi, volevano lavorare, avere dei figli, vivere.

Amina è caduta in mare durante la traversata, con altre decine e decine di uomini e donne. Quel giunco che era il suo corpo probabilmente non verrà mai ripescato.

Ahmed è arrivato in Italia, guarda davanti a sé e non vede niente.

La cronaca dice cento morti, venticinque morti, dieci morti. Ognuno di loro sono un'Amina o un Ahmed. Li abbiamo perduti e non torneranno mai più.


giovedì 4 agosto 2011

Guerriglia

Lui è il suo fidanzato, ma questo vuol dire poco. Si baciano mentre infuriano gli scontri. Quali e perchè, anche questo non è importante. La Rete è stata letteralmente invasa da quest'immagine, ed essa ha talmente tanti significati da sembrare inutile cercarne uno specifico.
Molte storie sono così: spesso hanno un significato diverso per chi le ha scritte, per chi le ascolta, e per coloro a cui vengono, in seguito, raccontate. Cosa vuol dire, questa foto? Solo quello che pensate voglia dire.
Per esempio, nessuno considera il poliziotto in tenuta antisommossa in primo piano. Ha appena finito di malmenare la ragazza? O sta difendendo il momento privato dei due avventandosi contro l'invadenza del fotografo? O lui stesso è il fotografo e questo è un autoscatto?

mercoledì 3 agosto 2011

Tito

Quando Tito (questo è il nome dell'animale nella foto) si è reso conto che la piccola macchina fotografica nella sua gabbia accendeva ciclicamente una lucina, non ha potuto far altro che innamorarsene. La macchina era stata messa da studiosi del comportamento scimmiesco e ha scattato una foto al minuto per ventiquattro ore. Dopo i primi sessanta scatti, Tito deve aver pensato che lei volesse in qualche modo richiamare la sua attenzione.
Quest'immagine è la centoventitreesima.
Quindi, dopo due ore e tre minuti, Tito ha deciso di contraccambiare l'amore della macchina con questo sorriso. O ringhio, non c'è il sonoro. Del resto, tutti noi ringhiamo o sorridiamo per manifestare il nostro amore.
Cosa c'era nell'ultima immagine scattata, alla fine delle ventiquattro ore?