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lunedì 17 dicembre 2012

Ciccio a guerra

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Ciccio a guerra era una grande ala sinistra e mi faceva fare un sacco di gol. Era detto a guerra perchè quando lanciava la palla sulla sua fascia, correva come un indiano a cavallo e c'era battaglia. Nel centro dell'area, a me che ero 9, arrivavano diverse speranze e sogni, e spesso nella rete cadevano i tiri come tante spigole di un mare in tempesta.

Poi lasciammo entrambi il calcio, non per demerito ma perchè nelle nostre stazioni dell'anima vi erano tanti treni, e tanto era l'avidità di viaggiare che avremmo voluto prenderli tutti. Dopo diversi anni, non ancora vent'enni, c'incrociammo a Torino in fretta e furia, e ci accordammo per rivederci l'indomani con calma, a parlare delle nostre vite che erano cambiate. Io in teatro, lui a Torino in fabbrica. Così fu. L'indomani a piazza Castello fu accordato l'incontro a Teano.

La cosa però, nascondeva un qualche imprevisto. Manganelli, manifestanti e striscioni di non so quale protesta ci avvolsero senza farci incontrare, allora non c'erano ancora i cellulari, e applicammo la regola della stazione: dalle mie parti, quando qualcuno di noi si dava un appuntamento e arrivava tardi all'incontro, scattava t'aspetto al binario 1 della stazione. Il fatto però che il mio era un paese e vi era una sola stazione e un solo binario; a Torino, invece, Porta Nuova, Porta Susa e Lingotto. L'istinto mi disse Porta Nuova perchè la più vicina al campo di battaglia e corsi subito lì. Lo trovai al binario 1 come un'ala in attesa che la punta centrale si smarchi per dargli la palla. Ci abbracciammo e m'accorsi che piangeva e che con un fazzoletto si toccava la tempia.