Tutti i lettori di questo blog conoscono il mio rapporto faticoso e ambiguo con la scrittura. Da un verso essa mi è necessaria, dall'altro ritengo lo scrivere, da parte mia, un inutile esercizio di vanità, con il dubbio che quello che scrivo non interessi a nessuno.
Ho avuto riprove del contrario, ma non bastano mai. Questo blog stesso, in particolare, attraversa tempeste ideologiche che a volte mi hanno spinto su secche narrative. In poche parole, sono sempre sull'orlo di smettere di curare questo giardinetto, come spesso l'ho definito, perché ho l'impressione che non sia uno strumento di comunicazione ma un rito autoreferenziale, un diario solipsistico.
C'è stata una lunga eclisse di scoramento che mi ha fatto abbandonare il blog al suo destino, per un periodo di tempo piuttosto lungo. Uno dei motivi per cui l'ho ripreso per non lasciarlo mai più, tutti i venerdì, è stato creato da una conversazione che ho avuto davanti al teatro Vittoria, qualche mese fa, con Barbara.