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lunedì 10 settembre 2012

Io, dov'ero?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
"Mi sono svegliato di notte per giorni e giorni, settimane. Mesi.
Una domanda feroce in testa: io, dov'ero?
Dov'ero quando hai aperto la finestra e l'aria ti ha accarezzato il viso?
Ho tutte le risposte: il motivo per cui hai aperto, perché il fresco non ti ha sferzato, perché il primo piede non é tornato indietro.
Ho tutte le risposte. Ma non quella.
Io, dov'ero?
Non intendo in quei giorni, mesi, anni.
Voglio dire proprio in quei secondi. E' stata un'ossessione. Ho ricercato nella memoria i precisi istanti. Ho lottato con la mente e i suoi meandri per scacciare quel pensiero, ma la domanda tornava sempre. Prepotente, in tutta la sua pochezza dinanzi all'enormità dell'accaduto.
C'é stato un momento in cui il piede ha poggiato sulla ringhiera e poi un istante di barcollamento e poi il mondo verticale è diventato orizzontale. Una partenza lenta ha fatto posto a una lenta, inesorabile accelerazione da cui non si torna più indietro.
E poi l'impatto.
Io, per giorni, non sono stato capace fissare i pensieri perché ogni tanto la domanda tornava. Io, in quei 20/30 secondi, dove ero? Cosa stavo facendo? In un’assurda paranoia di ricerca metodica ho passato ore a cercare di ricostruire i miei movimenti di quel giorno, ma nulla.
Io non so dov’ero.
Mentre tu volavi.
 
Poi ho capito.
 
Dopo molte immagini. Ma una su tutte: in coma, piangevi.
A occhi chiusi. Senza suoni. Piangevi. Mai saprò a che pensavi. O a chi.
Un corpo altro dal tuo, gonfio, lucido, lacerato e ferito da chi, con ogni probabilità, ti ha salvato la vita, lasciava uscire lacrime silenziose e limpidissime.
Delle cose che ho imparato, molte avrei voluto ignorarle: che i muscoli, con l'urto, si polverizzano. Che senza milza si può vivere. Che i polmoni collassano. Che in coma si può piangere.
 
Poi ho capito, dicevo.
 
In spiaggia, guardando un bambino che aveva fatto un castello in riva al mare.
Troppo vicino al mare.
Ho guardato il castello.
Ho visto le ondine del mare erodere il primo centimetro di castello.
Il primo bastione scivolare in acqua.
Ho cercato il bambino per avvertirlo.
Ma era troppo tardi, il bimbo era andato, distratto.
 
L’intervallo temporale postulato dalla mia domanda ossessiva non si riferiva a quei pochi istanti che io andavo cercando nelle notti insonni, quanto piuttosto ai tanti, tantissimi anni passati guardandoti costruire il tuo castello.
 
Troppo grande e troppo vicino al mare."
 
Un fratello
 

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