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venerdì 22 febbraio 2013

Barbara

Tutti i lettori di questo blog conoscono il mio rapporto faticoso e ambiguo con la scrittura. Da un verso essa mi è necessaria, dall'altro ritengo lo scrivere, da parte mia, un inutile esercizio di vanità, con il dubbio che quello che scrivo non interessi a nessuno.
Ho avuto riprove del contrario, ma non bastano mai. Questo blog stesso, in particolare, attraversa tempeste ideologiche che a volte mi hanno spinto su secche narrative. In poche parole, sono sempre sull'orlo di smettere di curare questo giardinetto, come spesso l'ho definito, perché ho l'impressione che non sia uno strumento di comunicazione ma un rito autoreferenziale, un diario solipsistico.
C'è stata una lunga eclisse di scoramento che mi ha fatto abbandonare il blog al suo destino, per un periodo di tempo piuttosto lungo. Uno dei motivi per cui l'ho ripreso per non lasciarlo mai più, tutti i venerdì, è stato creato da una conversazione che ho avuto davanti al teatro Vittoria, qualche mese fa, con Barbara.
 
Un'amica. Frequentazioni, anche familiari, di grande piacevolezza. Una vicinanza quasi doverosa, le bambine che, nonostante la differenza di età, giocavano insieme in qualche enorme pomeriggio di primavera, suo marito un mio caro e antico amico.
Ho sempre saputo che Barbara era una lettrice, anche perché aveva creato un piccolo club di donne che leggevano libri e li commentavano insieme in alcuni incontri a casa sua, quelle graziose riunioni conviviali di pasticcini e the che solo le femmine sono in grado di comporre senza imbarazzo.
Davanti al teatro Vittoria, Barbara mi chiese, dopo i doverosi come stai, bene, e tua figlia, bene, e Rebecca, bene, crescono, mi chiese, dicevo, perché avessi abbandonato il blog. Io non sapevo che lei lo leggesse. Non ne avevo la benché minima idea. È un peccato, aggiunse, mi faceva davvero compagnia, la mattina era la prima cosa che leggevo, appena sveglia. Perché non scrivi più?
Non ho saputo rispondere. Forse non scrivevo più perché non avevo capito che Barbara lo leggesse, che lo aspettasse, che una grande lettrice come lei decidesse, tutte le mattine, di leggere me piuttosto che il giornale, per prima cosa.
Ti prometto che ricomincio, le ho detto, ed era vero. Mi aveva colpito non tanto che lei leggesse il blog ma che non me l'avesse mai detto, come se ne avesse pudore. Cosa peraltro probabile, perché quello che sapevo di lei era una grande dignità, una grazia, un'attenzione di cui non avevo mai pensato di essere degno, unita a un'appassionata follia, anche per la bellezza.
La stessa dignità della sua fine, su una pista da sci, senza suono, con l'adagiarsi sull'ovattata distesa nevosa al culmine di una discesa.
Potrei spiegare che era una madre meravigliosa, la moglie perfetta del mio amico, che la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile e attonito. Tutto vero, ma io riesco solo a pensare che non l'ho ringraziata per quelle parole che mi hanno spinto a scrivere di nuovo, per lei, per la gioia e la responsabilità di portarle qualcosa di nuovo tutti i venerdì.
Vorrei salutarla e non so come fare. Vorrei rivederla, e non so se accadrà.
Inoltre, non riesco a togliermi dalla testa Rebecca, la figlia bellissima e bionda, dieci anni usciti da una fiaba che non ha un lieto fine, e il mio amico, che ha detto "Non so se sono stato il migliore dei mariti ma avrei dato la vita per lei."
Vorrei fargli sentire quello che ho sempre saputo e che lui ha confermato parlando della moglie in quell'occasione di stupefacente affetto che è stato il funerale di Barbara: che è un uomo con alcuni difetti e tanti pregi, in testa ai quali brilla la lieve profondità della nostra razza, la razza dei comici alla quale sono fiero di appartenere.
Gente che sorride anche quanto sta cadendo tutto intorno, che rimane dritta quando non ci sarebbe altra possibilità che accasciarsi e singhiozzare. Gente che vive tutto fino in fondo e che se anche ha paura non lo dà a vedere, perché non è di buon gusto. Gente che conosce il mondo anche se dal mondo non è riconosciuta come la sua parte migliore.
Ciao Barbara, grazie di tutto. Per quanto vale, finché questo blog esisterà l'ultima storia di febbraio sarà dedicata a te.
 

1 commento:

  1. Ho saputo della scomparsa di Barbara e la cosa mi ha turbata moltissimo. Non la conoscevo direttamente ma guardando le sue foto, mi ha colpito il suo sorriso di donna semplice, innammorata della vita perchè il suo sguardo era senza ombre. Sono una donna che vive un momento difficilissimo della propria vita e che ogni giorno va avanti con la speranza che il domani sia migliore ma anche con la convinzione che da ogni giorno bisogna trarre qualcosa di buono senza trascinarsi in una vita piatta. Sono una donna innammorata, che vive un amore stupendo,ricambiato, ma per certi versi complicato, anzi complicatissimo. Non molliamo e cerchiamo di vivere ogni momento come prezioso, raro ed unico. Ci sarebbero tanti motivi per mollare ma non voglio avere rimpianti, non voglio dire un giorno " se solo". Voglio fare ogni giorno quello che posso e anche di più per il mio amore, perchè amare rende migliori, rende speciali. Probabilmente quando si perde la propria donna come è successo a Giampiero, forse ti resta il dolore per non averle detto ancora un " ti amo " o per non averle dato un ultimo bacio; io credo invece che l'amore del nostro compagno quando è reale, entra nelle ossa, nel sangue ma in maggior misura nell'anima. E quest'ultima è viva e sempre lo sarà come sarà pregna dell'amore di chi l'ha amata. L'amore fa bene a chi lo riceve e anche a chi ama. Credo che bisogna essere felici di avere avuto l'opportunità di amare profondamente perchè nessuno può privarci dei ricordi ance quando diventano malinconie. Non aver paura di amare e difendi il tuo amore. Questa è la frase che mi ripeto come mantra tutti i giorni. Un abbraccio, Luisa

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