Cerca in Lettere agli Amanti

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lunedì 17 dicembre 2012

Ciccio a guerra

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Ciccio a guerra era una grande ala sinistra e mi faceva fare un sacco di gol. Era detto a guerra perchè quando lanciava la palla sulla sua fascia, correva come un indiano a cavallo e c'era battaglia. Nel centro dell'area, a me che ero 9, arrivavano diverse speranze e sogni, e spesso nella rete cadevano i tiri come tante spigole di un mare in tempesta.

Poi lasciammo entrambi il calcio, non per demerito ma perchè nelle nostre stazioni dell'anima vi erano tanti treni, e tanto era l'avidità di viaggiare che avremmo voluto prenderli tutti. Dopo diversi anni, non ancora vent'enni, c'incrociammo a Torino in fretta e furia, e ci accordammo per rivederci l'indomani con calma, a parlare delle nostre vite che erano cambiate. Io in teatro, lui a Torino in fabbrica. Così fu. L'indomani a piazza Castello fu accordato l'incontro a Teano.

La cosa però, nascondeva un qualche imprevisto. Manganelli, manifestanti e striscioni di non so quale protesta ci avvolsero senza farci incontrare, allora non c'erano ancora i cellulari, e applicammo la regola della stazione: dalle mie parti, quando qualcuno di noi si dava un appuntamento e arrivava tardi all'incontro, scattava t'aspetto al binario 1 della stazione. Il fatto però che il mio era un paese e vi era una sola stazione e un solo binario; a Torino, invece, Porta Nuova, Porta Susa e Lingotto. L'istinto mi disse Porta Nuova perchè la più vicina al campo di battaglia e corsi subito lì. Lo trovai al binario 1 come un'ala in attesa che la punta centrale si smarchi per dargli la palla. Ci abbracciammo e m'accorsi che piangeva e che con un fazzoletto si toccava la tempia.

mercoledì 17 ottobre 2012

L'uomo che arrossiva

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Come ti è venuto in mente?
Ho visto tante lacrime, su visi altrui, ma che appartengono a te. Le hai volute tu, le hai desiderate con tutto te stesso.
Ho sentito voci rotte dal pianto, voci da altri che però parlavano di te.
Strano, tu non parlavi mai di te. Arrossivi, al massimo, prima di rispondere ad una domanda. Fa strano vedere un uomo così grande arrossire; per questo eri buffo.
Lunedì sembrava una giornata d’estate, il mare era calmo. Si vedevano all’orizzonte, dietro la torre vecchia, alcune vele che sfidavano l’ottobre. C’era un leggero venticello, che ti ha fatto levare la maglia pesante; ti sei pure abbronzato le guance e il naso ti è diventato rosso.
Avrai, come al tuo solito, canticchiato Mina sottovoce, fischiettando anche, mentre gli altri non ti guardavano. Si sentiva il mare infrangersi sugli scogli e far friggere la schiuma bianca che si portava alla riva. Tu l’hai sentito.
L’hai sentito talmente forte che hai voluto vedere con i tuoi occhi in fondo alla scogliera.

domenica 16 settembre 2012

Roberto Roversi

È scomparso Roberto Roversi, un grande poeta italiano. È stato autore, tra l'altro, di una memorabile trilogia discografica con Lucio Dalla. Da "Automobili", il terzo disco della trilogia, ecco il testo di "Due ragazzi".
 
"Dentro a un'auto scalcinata
al margine di un campo
un'autodemolizione
Dentro a quest'auto abbandonata
due ragazzi seduti
fitti fitti fitti fitti fanno conversazione
La ragazza è carina
ha i capelli neri e corti
lui ha una faccia da faina
furba e divertente
si riparano dalla gente
lui la tiene stretta
e parlano parlano a voce bassa, in fretta
E' bello ascoltare
così, la vita che striscia
la vita strisciare adagio come un serpente annoiato
baciarsi dieci volte senza paura in un minuto
parlare di oggi, parlare d'amore, parlare domani
toccarsi con le mani
La vita è così vicina
ogni cosa è ancora da fare
il futuro è verde è freddo è profondo come il mare
tentano di toccarlo con i loro piedi
prima di decidersi, decidersi a buttare
Sei un topino bianco
Io io io
io ti ho trasformato in un angelo
con ali formidabili.
Tu lavavi stiravi le camicie
e io seduto in un angolo fumavo.
Guardami ancora con amore
lo so che sono vecchio
lo so che ho già vent'anni.
Ma - lei risponde - ti sposerei lo stesso
Io io io
anche se ti ho sempre detto
voglio andare a letto con un uomo
ma non so cosa fare
Tu mi dicevi: perché non prendi me?
Era un gioco
io io io
lo so che era un gioco
e non so cosa fare
perché adesso non voglio
che stare qua a guardarti ed ascoltare.
Dall'alto piove una neve verde
portata dall'ombra della sera
scoppiano tre stelle all'improvviso
enormi come un grande riflettore
sopra all'auto scalcinata
al margine di un campo
dentro a un'auto in demolizione
dove due ragazzi senza tempo
fanno l'amore."
 
Se volete ascoltare la canzone, dopo il salto il link.

lunedì 10 settembre 2012

Io, dov'ero?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
"Mi sono svegliato di notte per giorni e giorni, settimane. Mesi.
Una domanda feroce in testa: io, dov'ero?
Dov'ero quando hai aperto la finestra e l'aria ti ha accarezzato il viso?
Ho tutte le risposte: il motivo per cui hai aperto, perché il fresco non ti ha sferzato, perché il primo piede non é tornato indietro.
Ho tutte le risposte. Ma non quella.
Io, dov'ero?
Non intendo in quei giorni, mesi, anni.
Voglio dire proprio in quei secondi. E' stata un'ossessione. Ho ricercato nella memoria i precisi istanti. Ho lottato con la mente e i suoi meandri per scacciare quel pensiero, ma la domanda tornava sempre. Prepotente, in tutta la sua pochezza dinanzi all'enormità dell'accaduto.
C'é stato un momento in cui il piede ha poggiato sulla ringhiera e poi un istante di barcollamento e poi il mondo verticale è diventato orizzontale. Una partenza lenta ha fatto posto a una lenta, inesorabile accelerazione da cui non si torna più indietro.
E poi l'impatto.
Io, per giorni, non sono stato capace fissare i pensieri perché ogni tanto la domanda tornava. Io, in quei 20/30 secondi, dove ero? Cosa stavo facendo? In un’assurda paranoia di ricerca metodica ho passato ore a cercare di ricostruire i miei movimenti di quel giorno, ma nulla.
Io non so dov’ero.
Mentre tu volavi.
 
Poi ho capito.
 
Dopo molte immagini. Ma una su tutte: in coma, piangevi.
A occhi chiusi. Senza suoni. Piangevi. Mai saprò a che pensavi. O a chi.
Un corpo altro dal tuo, gonfio, lucido, lacerato e ferito da chi, con ogni probabilità, ti ha salvato la vita, lasciava uscire lacrime silenziose e limpidissime.
Delle cose che ho imparato, molte avrei voluto ignorarle: che i muscoli, con l'urto, si polverizzano. Che senza milza si può vivere. Che i polmoni collassano. Che in coma si può piangere.
 
Poi ho capito, dicevo.

mercoledì 1 agosto 2012

Il compleanno

Poco prima di Natale decide di non pensarci più. Temendo di diventare schiavo delle tre pasticche che prende tutte le mattine, le elimina, per sempre, pensa.
Nessun effetto, se non una riconquistata e serena accettazione della sua vita. Nessuna attesa di un miglioramento. Pian piano, si abitua a quei disturbi imbarazzanti che ha deciso di non contrastare.
 
La primavera lo coglie impreparato, una mattina tiepida e frizzante. Sgomento, si scopre con le pillole in mano, di nuovo.
È in bagno, alza lo sguardo verso lo specchio e non può fare a meno di notare come sia cambiato.
Il suo volto si è affilato, gli occhi sono più grandi, verdi, li ricordava nocciola. È mutato, non solo nella direzione prevista dal tempo e dalla forza di gravità, ma è accaduto qualcosa dietro la sua fronte che ha prodotto un nuovo essere. Si trova a contemplarlo, titubante ma con fiducia. Gli sembra che egli abbia alcune risposte e nuove domande che possono aiutarlo a usare meglio il suo futuro.
Ha ripetuto per anni, a sé stesso e ai suoi amici, che non è importante l'arrivo, la meta, l'obiettivo, ma il viaggio e il percorso per giungere al risultato. Che non è mai stabilito, ma sempre punto di partenza per un altro viaggio.
In sottofondo, una trama che inizia dal primo respiro e termina con l'ultimo. Differire l'arrivo, la fine, gli sembra ora gesto d'infinita e sciocca presunzione. Inutile, dannoso, con un prezzo altissimo, la paura, da pagare tutti i giorni.
Non ha ben chiari i motivi per cui lascia cadere le medicine nello scarico. Non è certo della bontà della decisione, ma non può fare altrimenti.
 
Il peggioramento, netto e inequivocabile, arriva in una delle enormi giornate che dispone l'estate.

venerdì 20 luglio 2012

La casa, vuota

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Ti penso spesso, penso alla donna straordinaria che eri, con quei boccoletti biondi che ti contornavano il viso.
Penso a quando ero piccola e ho aperto il bagno e c'eri tu seduta sulla tazza del cesso. Ti chiesi se eri incinta e tu scoppiasti a ridere con quel sorriso perfetto di cui non mi scorderò mai.

mercoledì 18 luglio 2012

Traduzione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Era una domenica mattina. L'aria era pulita come se avesse condensato il vento che durante la notte aveva gridato forte dietro i vetri delle finestre. C'erano foglie dappertutto, poco distanti sotto i marciapiedi del viale, stracci di carta riposavano immobili sull'asfalto, sulla schiena del marciapiede.
Elsa camminava rigida sulla schiena, muoveva le gambe senza sintonia con il resto del corpo, qualcosa dentro di lei muoveva i suoi passi, restando separata dal resto del mondo.
Aveva finito da poco di lavorare alla traduzione del libro di uno scrittore francese poco conosciuto. Non era la prima volta che lo faceva, era il suo lavoro, ma questa volta si sentiva una gran responsabilità. Sapeva benissimo che spesso il successo letterario di un testo è affidato in parte a una buona traduzione. Così aveva pazientemente letto e tradotto ogni parola, cercando di restare il più fedele possibile alla musicalità delle parole dell'originale.
Traduzione: parole che devono restare strette fra loro.
Traduzione: niente vuoti di significato, tutti i sussulti dell'anima dello scrittore devono passare, fluire attraverso gli occhi e andare più lontano, al cuore. Era il suo lavoro ed Elsa lo conosceva bene. Ma questa volta era diverso, come se ogni parola fosse un occhio che le scrutava dentro cercando lo smembramento di ogni significato, separandolo da ciò che è superfluo, ridondante. Così fece molta attenzione e alla fine fu contenta quando, rileggendo il testo tradotto, sentì uscire dalle parole una musica intatta e dolce. Erano stati bravi entrambi.

giovedì 12 luglio 2012

Possedersi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Le era apparso davanti all'ora stabilita. Non si può dire che se l'aspettasse. In un certo senso, lei non si aspettava mai niente. Però quel pomeriggio lui era venuto a prenderla per andare al cinema. Lei calcolò che sarebbero stati quasi tre ore insieme. Fuori. Nell'aperto sconcertante di una giornata estiva. Non era mai accaduto in nove mesi. Sotto il suo portone, ora lui armeggiava con i caschi. Portava una camicia bianca di cotone che esaltava il colore bruno della sua pelle, dentro cui si rifrangevano, per vicinanza, i lineamenti malinconici del suo viso. Avevano davanti a loro tutto quel tempo.
Lei lo guardò come si guarda un fantasma, un essere venuto da un altro mondo. Quell'uomo non le apparteneva, anche se si erano detti infinite volte le parole dell'amore.

martedì 10 luglio 2012

Io confesso

Ha un'intensa vita intellettuale. Pensa molto, sempre, con profondità, senza pause. Se ne vanta, solo con sé stesso, non può fare a meno di considerare la sua inesausta attività mentale un'eccezione, una qualità rara che lo rende migliore degli altri. Cura questa sua orgogliosa presunzione con un atteggiamento di grande apertura nei confronti dei difetti altrui, con un'infinita capacità d'ascolto e d'accoglienza.
Ma non è sincero.

lunedì 18 giugno 2012

Lettere agli Amanti blog live, primo movimento

Il 26, 27 e 28 giugno in via Assisi 31, presso la Fonderia delle Arti, si darà vita, è il caso di dirlo, a un esperimento. L'idea è rendere carne viva, attraverso tre percorsi all'interno della stessa Fonderia delle Arti, una serie di post, una ventina, che sono stati scelti fra tutti quelli del blog attraverso delle riunioni condivise con gli allievi del primo anno della Scuola di teatro della Fonderia stessa.
Detto così, sembra una vicenda di una noia mortale. Non lo è. È stato realizzato un microcosmo di parole, emozioni, sguardi e musiche, di sorrisi e pianti, di tutto quello, insomma, che questo blog è riuscito a contenere in questi mesi, una geografia dei sentimenti con delle mappe attraverso le quali delle guide indirizzeranno i partecipanti, non più di venti per percorso.
Ma le guide saranno anch'esse parte integrante dei percorsi, accoglieranno, orienteranno, sosterranno.
I percorsi, individuati da tre colori, Rosso, Blu e Giallo, saranno realizzati in contemporanea, a coppie, secondo orari di partenza prefissati (20 e 30, 22 e 23 e 30). È bene visitare il link dell'avvenimento, per prenotazioni e chiarimenti.
 
http://www.fonderiadellearti.com/246-ultime-news/724-lettere-agli-amanti-blog-live-primo-movimento
 
Sono da sempre incapace di promuovere, e già odio la parola, avvenimenti che abbiano una qualche attinenza con me e con quello che faccio. Stavolta sono più sereno perché non credo che tutto quello che è accaduto scegliendo i post, disegnando i percorsi, trovando la migliore soluzione spaziale per restituirne la vitalità, sia merito o colpa mia. È stata un'esperienza di comunicazione, qualcosa di antichissimo e futuribile, ha a che fare con la polis, ma anche con un'astronave, col passato remoto e col remoto futuro, la presa d'atto della straordinarietà del genere umano e dei suoi racconti.
Fatico a definire allievi i partecipanti all'operazione, essi sono stati anche miei docenti.
Come fatico a definire Virginia Franchi la regista di tutto questo. Vengono alla mente parole semplici e difficili, note e desuete, maieuta, orientatrice, madre. Con una domanda: quanto la levatrice è anch'essa creatrice di una nuova vita?
Spero di non aver dato l'impressione di chissà quale pomposa e raffinata operazione intellettuale sia stata effettuata. Lettere agli Amanti blog live, primo movimento, è una capsula lanciata nel vuoto che vuole rappresentare le donne e gli uomini di questo pianeta nella loro semplice e contraddittoria vitalità.
Ovviamente, non è stato detto tutto. Per questo, quello presente è solo il primo movimento di una sinfonia che speriamo prosegua e prosegua e prosegua.
I post scelti non sono i vincitori di chissà quale concorso, ma soltanto quelli che a questa comunità sembravano più coerenti con quello che si voleva raccontare. Che non ho capito neanch'io cos'è, se non quello che ho appena finito di scrivere.
Nel secondo movimento ci saranno altri post, o gli stessi più altri, o altri completamente diversi, secondo la mutazione che qualunque essere vivente ha il diritto di sperimentare.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la Fonderia delle Arti, senza Giampiero, Maurizio, Giorgia, Anna, Loredana. Senza Attivarti, che ha condotto con sé degli artisti contemporanei anch'essi affondati nel blog, che esaltano, completano e riorientano i significati di quello che viene comunicato.
 
Ecco, forse ho capito: tutto ciò è un essere vivente che ne racchiude altri. Venite a incontrarli.
 

Il coraggio di Vittorio

Vittorio Gassman, una sera, una di quelle lunghe sere che trascorreva a Firenze con i suoi allievi che facevano a gara per rispondere alle sue provocazioni intellettuali e cupamente allegre, cercava una definizione di coraggio. Che cos’è? fingeva di chiedersi, ma aveva già la risposta.
“C’è un cane ferocissimo, qui sotto, in cortile. Nessuno riesce neppure ad avvicinarsi. Ma non possiamo uscire, tornare a casa, finché il cane è di sotto. Chi scende e cerca di occuparsene, ecco, quello è un coraggioso.”
Semplice, come esempio. Incontrovertibile.
Con perfino un qualche valore simbolico del singolo che si sacrifica per il bene comune, il tornare a casa, rischiando il dolore fisico.

domenica 3 giugno 2012

Mare, soldati e contadini

La prima poesia l’ho pensata a cinque anni. Non la ricordo bene, credo vi fosse coinvolto un contadino che fissava stupito le sue mani sporche di terra, le righe sul palmo, le unghie nere.

Si perdeva dentro quelle mani, iniziava su una di esse un viaggio come se l'appendice fosse un mare immenso e misterioso, quello stesso mare che non aveva mai visto.
 
Voltava oltre il promontorio del pollice, risaliva per la discesa che lo congiungeva all’indice e, appena dopo il medio, si tuffava nel grande, terribile oceano del palmo, al centro del quale, ne era sicuro, c’era un gorgo immane che rischiava d’ingoiare la fragile navicella con la quale attraversava la sua mano sporca di terra.
 
C’erano altre confuse azioni, di cui non ho memoria, lotte per resistere ai marosi delle dita, battaglie sconvolgenti contro il vento proveniente dal polso, un vento freddo, che riportava alla realtà e dissipava il sogno.

mercoledì 9 maggio 2012

Loro, solo loro

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
"Ho conosciuto due sole persone nella mia vita, capaci di aiutarmi, con i quali mi confido, con cui ho la maggior parte dei ricordi, belli e brutti, due che mi hanno insegnato tante cose, ma soprattutto a vivere.
Sono un uomo e una donna di nome Claudia e Lorenzo. Sono marito e moglie ma per colpa del lavoro non stanno quasi mai insieme, si aiutano l’un altro, anche se qualche volta hanno delle piccoli liti, ma chi si ama litiga.
Li conosco da una vita, diciamo solo da 13 anni.
Li ho visti piangere, sono stata la prima a vedere comparire sul loro viso le prime rughe, sul capo i primi capelli bianchi.

venerdì 27 aprile 2012

L'ultima notte

L'ultima notte del mondo sarà l'ultima che trascorrerà con lei.
La coincidenza lo ha stupito, ma non più di tanto. Aveva sempre sospettato che il loro amore fosse unico e sbilenco, come l'universo conosciuto, che la velocità della luce fosse superabile ma non lo fosse, che il suo modo d'arrabbiarsi fosse insopportabile e meraviglioso.
L'annuncio della fine, alla radio, durante una delle pause della stremata lite in cui avevano deciso di lasciarsi, l'indomani, era parsa la naturale conseguenza del reciproco abbandono.
Nessun luogo dove fuggire, nulla da fare per evitare il disastro.
Si guardano, dai lati opposti del tavolo, si vedono per quello che realmente sono, senza pietà e senza cinismo.
Si stenderanno, l'uno a fianco dell'altra, gli occhi al soffitto, insonni. Penseranno a quello che sarebbe potuto essere e non sarà, a quello che perderanno e si domanderanno se l'hanno mai avuto.
"Mi prendi la mano?", dirà lui.
"Non posso", dirà lei, "non ne sono più capace. Tu non lo vuoi davvero."
"No, lo voglio."
Gli sembrerà di sentire un singhiozzo, appena soffocato.
"Non mentire", dirà lei.
"Non piangere."
Un sospiro, lunghissimo, nel buio.
"Non piango per il mondo, piango per noi."
Si chiederanno come fosse iniziato, quando avessero avvertito i sintomi della prossima fine. Le estati sempre più fredde, i reciproci entusiasmi troppo esibiti, i silenzi improvvisi e invalicabili. Finché la primavera non era più arrivata, nonostante tutti l'aspettassero. Finché non avevano più parlato, ma si erano soltanto rammaricati.
Lei aveva fotografato, quando ancora c'era qualcosa da fare, i loro visi vicini e preoccupati.
Gli aveva scritto:

giovedì 12 aprile 2012

Francesca Woodman

 
« Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate »

Questo scriveva, prima di suicidarsi nel 1981, Francesca Woodman, fotografa ventitreenne. La sua opera gode di una retrospettiva al Guggenheim di New York.
Il mio incontro con lei è stato del tutto casuale. La mostra è stata vista da una persona che mi è cara come una figlia e che mi ha raccontato il suo sconcerto, il suo entusiasmo.
Ho iniziato a fare ricerche sulla rete e mi si sono parate davanti una serie d'immagini, in bianco e nero, per la maggior parte autoscatti, in cui Francesca si fondeva col terreno, con la carta da parati, con le macerie di interni, un tempo, nobili.
Sono alcuni anni che stanno riscoprendo le sue foto, sono quindi fioriti molti e profondi studi sul corpus delle sue intenzioni espressive, con una pervicace e salutare volontà di separare l'opera dalla tragica fine di fanciulla in fiore spezzata dalla "troppa vita", come ha scritto qualcuno dei commentatori.
Non voglio aggiungere nulla a quello che è stato e sarà scritto sui significati dell'arte della Woodman. Non ne sono capace e non ho gli strumenti analitici neppure per provarci.
Però voglio dire alcune cose.

martedì 10 aprile 2012

Sul monte

Dall'alto del monte gelido e spazzato dal vento non riesce che a star zitto e a non pensare.
È arrivato fin lì dopo una lunga e, all'inizio, fastidiosa salita, attento a seguire il passo continuo che gli hanno sempre detto essere patrimonio genetico dei montanari di professione. Una regola che lo ha annoiato, per i primi trecento metri, ma di cui poi ha apprezzato la validità. Il ritmo regolare del suo respiro lo ha sedotto, ha sventato l'agitazione insoddisfatta che da sempre lo perseguita rendendo la sua mente inquieta e alla ricerca, forse, di una risposta, semplice ed esauriente.
Ma è sempre stato conscio che la risposta non c'è, e che comunque non è semplice.

domenica 8 aprile 2012

Romanzo di una strage

Mentre infuriava la polemica Sofri-Giordana sul film di cui al titolo del post, mi sono chiesto in che termini avrebbe visto la questione Pasolini, l'intellettuale italiano più travisato e saccheggiato degli ultimi trent'anni.
Temo che voler semplificare e chiudere la sua opera, poetica, saggistica e cinematografica, in una sola definizione sia fuorviante. Di una cosa sono sicuro: il suo sguardo e il suo parere sugli avvenimenti non era mai dettato da convenienza, non seguiva il pensiero corrente della sua epoca, neppure quello minoritario, e, soprattutto, aveva un'originalità talmente elevata da essere disturbante e difficilmente confutabile. Era sua abitudine, insomma, indicare il Re nella sua nudità, incurante dei danni che il gesto gli avrebbe procurato.
Siamo afflitti, da sempre, e non solo in Italia, da alcuni, impenetrabili e trasversali cerchi magici che orientano le opinioni della nazione. Cori, a volte contrapposti, e per il loro scontrarsi siamo certi di vivere in una democrazia.
Ma questa certezza dovrebbero darcela, invece, quelle rare voci che dai cori si distinguono, che guardano alla realtà dei fatti e che scoprono che essa è molto più chiara delle parole che le girano intorno.

venerdì 6 aprile 2012

Specchi

 
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Chissà se un giorno mi rassegnerò a considerarla una fortuna.
Quando sono nata ero orfana.
Orfana di me, intendo.

mercoledì 4 aprile 2012

240 ore

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. E, a proposito, anch'io ti voglio bene.

"Sabato 24 marzo mi sono alzato stranito. Molto stranito.
Ho barcollato fino al bagno e mi sono guardato allo specchio. Chissà cosa ho visto, ma sono andato in camera, ho preso un pennarello, sono tornato in cesso e ho scritto sullo specchio "Oggi e' una giornata meravigliosa".
Non credo che mi basterà tutta la vita per capire il motivo di quel gesto.
L'ipotesi più accreditata è che io abbia inconsapevolmente cercato di cambiare il corso del destino.
Non ci sono riuscito.
Verso le due ha squillato il telefono.
Ero pronto. Aspettavo da qualche tempo quella telefonata.
Era mio fratello, Vieni di corsa Mamma sta male.

martedì 3 aprile 2012

Ho pensato questo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Ho pensato che ti ho amato poco o troppo. O forse non ti ho amato per niente.
E ho pensato che la cosa che più ho amato di te sono stati gli occhi. Che in mezzo al resto non è che facciano tanto la differenza perché anche il resto è bello davvero.
E ho pensato che non mi era mai capitato così. E per tutto il te...mpo in cui ci siamo baciati io ho sempre pensato che tu avessi sbagliato persona e forse l'avevi sbagliata davvero.
E l'ho pensato anche la seconda volta, e pure quell'altra.
E ho pensato che la prima volta in cui ci siamo visti volevi sollevarmi i capelli ma avevi vergogna. Di me. Ci conoscevamo da tre minuti, in effetti.
E ho pensato che quando me li hai sollevati dopo che abbiamo fatto l'amore ti stavano proprio bene, sul petto. Ho pensato.

domenica 1 aprile 2012

Ognuno è su un'isola

Essere su un'isola distorce la sua percezione della realtà, di quella continentale a cui è abituato. Anche se l'isola è talmente grande da non essere quasi avvertibile come tale.

Non è ancora sceso fino al mare, nonostante viva nella principale città portuale. Non sa quando lo farà, forse guarderà il Mediterraneo soltanto dall'oblò che lo riporterà a casa, rimpiangendo di essere stato così pigro. Sarà notte, allora, e si domanderà perché ha sfuggito quel nero ondulato e semovente così simile alla brulicante vita sottesa della città dov'è nato, dove sta tornando e da cui non si separerà mai.

È stato il vento a ricacciarlo indietro ogni volta che lo prendeva la tentazione di scendere al porto. Un vento strano, dissimile da quello che conosce, continuo e immobile nella sua inesausta tensione. Un vento da isola, appunto.

I suoi amori sono lontani, irraggiungibili, gli sembra. Ne avverte quietamente la mancanza.

Una grave malattia ha colpito la madre di un suo caro amico e l'impossibilità di essergli accanto lo fa sentire solo. Si rimprovera per il suo egoismo.

venerdì 30 marzo 2012

Case

Esistono occasioni in cui ci si deve sporgere molto più in là di dove il pudore possa consentirci. Accade per un moto dell'animo (Antonio Tabucchi ha scritto che noi latini non abbiamo l'inconscio, abbiamo l'anima), che, pur essendo in grado di controllare, lasciamo fuoriuscire commuovendoci del nostro stesso atto di generosa spensieratezza.

È per questo che non scriverò, per quanto riguarda questo post, "Riceviamo e volentieri pubblichiamo", ma mi soffermerò su cosa significhi per me l'amicizia con l'estensore del post medesimo. Abbiate pazienza, scrivo di meno, ultimamente, ma quando lo faccio temo che non possa rinunciare a essere più circostanziato.

Questa mia fortunosa amica, che non ho mai vista e con cui non ho mai parlato, mi è di sostegno come lo sono state poche persone nella mia vita. Non ci siamo scambiati che alcune, succinte letterine, ma ciò non toglie che ci siamo donati uno smarrimento e un coraggio che ci hanno aiutati a orientarci nei bui anfratti della nostra esistenza. O meglio, questo è quello che lei ha fatto per me. Spero di averla, in qualche misura, ricambiata.

Non cercate in altri post il nome che troverete in calce a questo. Firma in modi diversi, perché credo che la firma sia per lei fortemente connessa col contenuto dello scritto. È sempre lei, o meglio, è quella parte di lei che ha scritto quelle specifiche parole.

Saremmo comunque amici, se lei non scrivesse come scrive, con lieve e sorridente amarezza, con una bellezza sempre attenta ai cerchi che le sue parole muovono quando cadono nel lago della mia coscienza, agli echi che sviluppano nelle mie stupefatte sinapsi? Probabilmente no. Ma tant'è, quindi me la tengo stretta.

Quindi, non pubblico volentieri, oggi.

Le sono grato.

"Pretende il mio amico che lui non sappia cosa voglia dire voler davvero bene a una casa, che non gli è ancora capitato.

martedì 27 marzo 2012

Un giorno

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Succederà all’improvviso, quando meno me l’aspetto. All’inizio non ci farò caso, mi limiterò a sorridere più spesso. Mi accorgerò che mi piace davvero quando vedrò in lui qualcosa di buffo e di infantile. Sentirò tutto amplificato e mi stupirò che stia succedendo di nuovo. Sentirò il risveglio in ogni cosa, quando cammino, quando lavoro, quando faccio la spesa, quando stiro. Penserò che è spaventoso, che succede sempre, che devo stare attenta, che non voglio spezzarmi di nuovo. Ma poi penserò che la paura non mi può fermare, che è tutto troppo bello, che magari muoio domani e chi se ne frega. Che mi piace il suo odore quando suda, che non vedo l’ora di toccarlo, che non riesco a non guardarlo, che mi piace quando mangia, quando parla, quando beve, che con lui è tutto più bello ed è fantastico avere la mia età.

venerdì 23 marzo 2012

Contro Twitter

La semplificazione è, con certezza, adolescenziale. La complessità è, con altrettanta certezza, asse portante della maturità.

Non faccio parte della schiera di denigratori del mondo giovanile, ormai sempre più numerosa e agguerrita. Persone quasi sempre dimentiche, volontariamente, della loro gioventù e di come quegli anni esaltanti, o infinitamente deprimenti, siano quasi impossibile da decodificare quando ci si trova nel bel mezzo di essi.

Gente in malafede, che ricorda i sacrifici compiuti per arrivare al loro stato attuale di detentori del potere, ma non rammenta quanto tali sacrifici siano stati piuttosto ridotti, minimizzati da famiglie abbienti e sollecite, quanto siano ingigantiti dalla memoria menzognera che ci spinge, sempre, a identificare la nostra gioventù come un'età dell'Oro in cui tutto era chiaro e andavano avanti solo i Retti, i Forti, i Giusti.

In pratica, Noi.

Che nell'odierna pratica quotidiana, scopriamo di non essere né retti, né forti, né giusti.

martedì 20 marzo 2012

Alla mia piccola Sofia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Cara la mia piccola Sofia, è stato bello questa mattina svegliarmi accanto a te.

La tua prima volta nel lettone di mamma e papà.

Hai ragione, la mamma è stata molto determinata su questo aspetto, non te l’ho mai permesso, nemmeno quando eri neonata e piuttosto che alzarmi nel freddo della notte per allattarti, sarebbe stato più facile tenerti lì vicino a me.

Ma ho sempre pensato che quello fosse un posto sacro per mamma e papà, forse, da quando ci siete tu e Francesco, l’unico posto solo nostro. Perché voi figli avete un’immensa capacità di infilarvi dappertutto, nelle stanze come nei pensieri e nelle emozioni.

Così il papà ed io ci siamo riservati quel grande materasso solo per noi, per crollare alla sera sfiniti, ma potendoci guardare negli occhi, tenere per mano e pensare “Bene. La giornata è finita: bella o brutta, triste o allegra, ma siamo qui, ancora insieme”.

sabato 17 marzo 2012

Mentre moriva, riedizione

 

Mentre moriva non pensava che alla sua bicicletta. Verde, una Bianchi di sessant'anni prima.

Mentre moriva, solo le gomme bianche e nere, solo lo splendente manubrio, il piccolo faro tondo. È finita, pensava, devo riassumere, devo dire qualcosa a mia figlia che piange, a lei che sta qui accanto, devo lasciare un oggetto che racchiuda almeno una parte di quello che sono stato. Una parola, una frase, qualcosa. Ma devo pensarle, prima.

Niente. La bicicletta si ostinava a mostrarsi nella sala da pranzo della casa dove viveva da bambino. Appoggiata sul cavalletto, il sellino marrone, le manopole azzurre.

La visione si arricchiva di nuovi particolari, ora vedeva la carta da parati con i fregi verde pallido, il piccolo mobile che racchiudeva tutte le foto di famiglia, ordinatamente disposti in tre album con la copertina damascata.

Sentiva perfino la voce di sua sorella, morta da molti anni e allora bambina, ancora in grado di provare gioia per qualcosa.

Era il regalo della Befana. A casa sua non arrivava Babbo Natale, ma la Vecchia Signora Sulla Scopa. Era lei che portava i doni ai bambini buoni.

La notte aveva sentito suo padre montare la bicicletta e sua madre supplicarlo di far piano, di non rovinargli la sorpresa.

L'aveva chiesta lui. Ma non la voleva. Però, gli sembrava che fosse la cosa che dovesse chiedere un decenne, maschio. O almeno, che i genitori se lo aspettassero. Lui non voleva deluderli.

Mentre moriva, quindi, non stava evocando una gioia incontenibile, un ricordo straordinario e meraviglioso, ma un’incapacità, l'impossibilità di chiedere quello che voleva davvero per regalo, che non ricorda più ma che è sicuro non fosse la bicicletta.

La scena si allarga ancora, si rivede bravissimo a ridere come in preda a una felicità incontenibile, attento a mostrarsi stupefatto e incantato.

Non deve andare così, pensava, stavolta devo avere quello che voglio, devo dire l'ultima cosa, quella necessaria.

Ma non c'è nulla da fare, si vede montare sulla bicicletta, fare un goffo giro per la sala da pranzo, si vede scivolare coi pedali e suo padre che lo sorregge con il lieve dispiacere di chi vede un figlio così diverso da sé. Non riusciva a pensare ad altro.

Mentre moriva, sua figlia Giulia si avvicinava alla sua bocca. Mentre moriva le sussurrava qualcosa. Mentre moriva, la ragazza sentì bene le sue parole.

martedì 13 marzo 2012

L'amore silenzioso dei pesci che ci aspettano nel mare

Alcuni post non sono finiti, non hanno raggiunto, quando sono stati pubblicati, la loro forma estesa e definitiva. Ci permettiamo di rieditarli. Il titolo originale di quello di oggi era Acquario. Confrontateli, se volete.

Quando suo padre, finalmente, acconsente, avverte un giramento di testa così intenso che deve appoggiarsi con la schiena a una parete per non cadere.


Il genitore lo guarda, col sorriso storto di chi ha fatto una grande concessione ma perché se lo merita, è bravo a scuola, è educato, gli occhi grandi spalancati, dritti verso qualcosa che lui non sa cosa sia.

lunedì 12 marzo 2012

Chiuse gli occhi per poter tacere: storia di una bambola di porcellana

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Era una bambola di porcellana, costruita unicamente per essere perfetta. I suoi grandi occhi vedevano solo la bellezza. Non conosceva violenza, nè vergogna. Era delicata, ingenua e sincera. In uno sguardo si potevano leggere i suoi pensieri, un suo sorriso poteva migliorare i tuoi.

Nessuno le si avvicinava mai troppo, temevano tutti che si potesse rompere. Così lei restava lì, dentro una vetrinetta, esposta per il mondo.

La sua perfezione, però, non le permetteva di sbagliare, di rischiare, di vivere.

Era stanca di essere esposta e di trovarsi lì per tutti tranne che per sé stessa. Così, un giorno, uscì dalla vetrinetta.

giovedì 8 marzo 2012

Festa della donna 2012

In occasione della Festa della Donna pubblichiamo "La ballata delle donne", di Edoardo Sanguineti, poeta, traduttore, letterato italiano, fra i più importanti del secolo scorso. Ne condividiamo ogni sillaba. Auguri.

"Quando ci penso, che il tempo è passato,

le vecchie madri che ci hanno portato,

poi le ragazze, che furono amore,

e poi le mogli e le figlie e le nuore,

femmina penso, se penso una gioia:

pensarci il maschio, ci penso la noia.

mercoledì 7 marzo 2012

L'uomo che cancellò il volto di Cristo

 

La Resurrezione di Lazzaro è un dipinto che il Caravaggio eseguì a Messina nel 1610. Sessant'anni dopo, nel 1670, ne venne affidato il restauro a un pittore poco più che quarantenne, Andrea Suppa, brillante esponente del tardo barocco siciliano.

L'arte del restauro era ben lungi dall'essere sviluppata e meticolosa come oggi la conosciamo. Quindi, il Suppa iniziò l'operazione trattando sì il quadro come se fosse suo, ma senza nessuna conoscenza specifica.

Per qualche misterioso motivo, sul quale uno psicanalista avrebbe oggi redatto un illuminante saggio, iniziò dal volto di Cristo. Potete intravederlo a sinistra, con la veste rossa, che ordina a Lazzaro di alzarsi e camminare, come riportato nella narrazione evangelica.

Passò un panno appena inumidito con dell'acqua sul viso del Salvatore, e accadde l'irreparabile: lo cancellò, trasformando i tratti in una indistinta macchia nerastra.

domenica 4 marzo 2012

Henna, un arrivederci


Oggi che salutiamo Lucio Dalla ci sentiamo in dovere di pubblicare la canzone per la quale abbiamo iniziato questo blog.

Da oggi la cadenza dei post non sarà più quotidiana. Una lieve inquietudine stringe il nostro cuore e crediamo che per onorare il patto che abbiamo stretto con voi dobbiamo scrivere con sincera urgenza, che al momento avvertiamo in modo intermittente.

Lettere agli Amanti continua, ma non tutti i giorni. Speriamo che sarà un'occasione per leggere o rileggere dei post che vi erano sfuggiti o che avevate particolarmente amato. Comunque, tutte le settimane avremo qualcosa da dirvi. Non abbandonateci.

Saremmo disonesti se non ammettessimo che la scomparsa di Lucio Dalla ha avuto un peso rilevante in questa decisione. Ci sembra il caso di fermarci un attimo per riflettere su quei piccioni che vedete volargli intorno nella foto. Chi sono? Dove vanno? Se partono torneranno?

Per noi, voi e loro la vita continua, per fortuna. A presto, quindi.

giovedì 1 marzo 2012

Lucio Dalla, 4 marzo 1943 - 1 marzo 2012

Il mio debito con Lucio Dalla, come uomo e come artista, è inestimabile. Anna e Marco è stata la canzone che mi ha spinto a guardare oltre il quartiere svantaggiato dove vivevo per tentare di fare qualcosa di più e di meglio nella vita. Il testo di Tango è stata la prima cosa che ho recitato da solo in un recital con Vittorio Gassman. Fui sommerso dagli applausi, non certo per la mia bravura né perché qualcuno avesse riconosciuto la canzone, ma per la bellezza delle parole. Futura mi ha sorretto nei tempi duri in cui non riuscivo ad avere un figlio. Due ragazzi è la canzone che mi ha chiarito cosa fosse l'età misteriosa della giovinezza che stavo attraversando. 4 marzo 1943 mi ha insegnato il coraggio di essere se stessi.

Odissea

Sto rileggendo l'Odissea e mi sembra di percepirne il segreto che la rende da migliaia di anni il libro più noto e umano dell'Occidente.

L'ostinazione. Ma la parola non descrive esattamente quello che ho compreso. Nell'Odissea è instancabile il faticoso splendore della fiammella della civiltà, dell'umanissima ricerca del rimettere a posto le cose nonostante le avversità e spesso contro la logica degli eventi.

Nel libro nessuno fa una scelta di comodo, che sia o no condivisibile. L'ostinazione con cui Ulisse vuol tornare a casa è pari solo a quella con cui il dio del Mare vuole impedirglielo.

Ma ritenere che sia solo Ulisse l'eroe è erroneo. Lo è anche Penelope, Argo, Neottolemo. Lo sono perfino i Proci, ben decisi a ottenere la mano della regina e il potere.

In un libro di Cormac McCarthy, Non è un paese per vecchi, da cui i fratelli Coen hanno tratto un bel film, il poliziotto protagonista della vicenda a cui abbiamo assistito, sanguinosa, insensata, incivile, pervasa dalla cupidigia che trasfigura gli uomini in distruttori, alla fine si sveglia e ricorda con sua moglie un sogno che ha fatto durante la notte: in un buio profondissimo seguiva suo padre dentro una foresta terribile, pericolosa. Non vedeva il genitore che lo chiamava, ma sapeva che doveva arrivare da lui, perché egli aveva una torcia che avrebbe rischiarato le tenebre terrorizzanti che lo circondavano mentre avanzava.

mercoledì 29 febbraio 2012

Rotto

Non è possibile avere a che fare con te. Rompi sempre tutto e dai la colpa a qualcun altro.

Guardi l'oggetto cadere e non ti muovi, se non quando è troppo tardi, se non quando non puoi evitare che si rompa.

In quell'infinito istante, nel tragitto orribile e irreparabile che lo conduce alla distruzione, pensi che forse non accadrà, che al di là di tutte le leggi naturali non si romperà, rimbalzerà senza danni, noi sopravviveremo all'ennesima frattura.

Ma non è così, non può esserlo, perché non è mai stato e mai sarà, perché non si può vivere immobili nell'attesa del miracolo.

martedì 28 febbraio 2012

Insetti

Il Pianeta stava morendo. Gli uomini e le donne si abbandonavano ai ricordi, oppure si cibavano dei giganteschi insetti che uscivano dalle viscere tormentate della terra. Li catturavano mentre questi cercavano di alzarsi spiegando le immense ali iridescenti, si aggrappavano alle loro zampe malferme e li trascinavano a terra, soffocando le loro teste in due, in tre, in dieci, a volte, nel febbrile abbraccio della fame.

Qualcuno sfuggiva alla loro presa, correva dapprima goffamente, poi sempre più sicuro, involontariamente scagliandoli lontano da sé, prendeva velocità, le antenne rovesciate all'indietro.

lunedì 27 febbraio 2012

The Artist

Nel momento in cui viene composto questo post, i premi Oscar non sono stati ancora assegnati, quindi non possiamo essere sicuri che The Artist abbia vinto quello per il miglior film.

Non vogliamo unirci al coro di commenti entusiasti perché superfluo. Il film è straordinario e vi consigliamo di vederlo e di amarlo.

I significati che contiene sono moltissimi e non staremo a riassumerli. Uno, però, l'abbiamo a cuore: cos'è l'arte, per gli artisti.

domenica 26 febbraio 2012

Bravo

Con un certo senso del dovere si avvia verso l'ufficio. Ore otto, traffico esasperante, radio accesa.

Non è senso del dovere, è automatico. L'idea lo colpisce una mattina grigia di novembre, con ancora un lunghissimo inverno davanti. Non sopporta l'inverno, ai primi freddi prende un grande respiro e trattiene il fiato fino a primavera. Col tempo ha imparato a non fidarsi delle belle giornate di fine febbraio, conosce l'inganno di cui sono vittima tutti i romani.

Forse non è una trappola, però, comprende in un altro istante, forse è solo un tentativo di fargli riprendere aria, altrimenti soffocherebbe prima di arrivare a primavera.

venerdì 24 febbraio 2012

Il tacco rotto, quarta parte, fine

Svetlana annuisce con vigore, mentre la speranza le solleva le labbra in un sorriso che lui è certo di riconoscere, anche se non l'ha mai visto prima.

"Va bene, alle sette." Gli serviranno molte ore perché si senta pronto a toccare quella scarpa..

La ragazza si siede sullo sgabello dall'altra parte della bottega.

"Stasera", ripete ruvido, "vuol dire sì."

"Rimarrò qui", dice Svetlana, "le farò compagnia."

Che è la speranza che lui aveva quando ha detto di sì, comprende Augusto, mentre la guarda rischiarare tutta la bottega.

Rimangono per molto tempo in silenzio. Deve essere lentissimo mentre compie il lavoro. Appena finito lei andrà via, non vuole che accada troppo in fretta.

Ma dovrà succedere. Tutto quel si ama si perde, prima o poi, l'ha imparato a proprie spese da quando quella tazzina si è infranta ai suoi piedi, e anche prima, quando sua madre è scomparsa, lasciando lui e suo padre senza un saluto, o quando l'altra Svetlana, quella che tanto le somigliava anche se aveva un altro nome, gli ha carezzato il viso dicendogli no, tenera e irrevocabile. Non gli resta che nutrirsi del suo respiro, del profumo del suo alito mentre gli racconta la sua storia.

giovedì 23 febbraio 2012

Il tacco rotto, terza parte

Svetlana lascia scivolare fuori dalla busta il più bel décolleté che lui abbia mai visto. Un trentasei nero, di raso, dalla linea perfetta, con la punta né troppo lunga né troppo corta, insensibile alle mode, l'incantevole curva che scopre il collo del piede, della misura adatta a non far intravedere la base delle dita ma che neppure le nasconde totalmente. Una scarpa che avrebbe destato ammirazione cinquant'anni fa come domani, tanta è la cura che il fabbricante ha usato per costruirla. È in grado di riconoscere un capolavoro, quando ne vede uno.

mercoledì 22 febbraio 2012

Il tacco rotto, seconda parte

"Ho una festa, stasera, e mi si è rotto un tacco." Stasera, urgente, come un'invocazione. Le risponde senza guardarla, seccato per quell'invasione e per l'irrequietezza giovanile della voce. "Per stasera non posso far niente, è troppo poco tempo. Ho molto da fare, dovrei lasciare altri lavori indietro." Bofonchia un mi dispiace fra i denti e si siede ostentatamente iniziando a prendere un paio di stivali da risuolare. Da uomo. La ragazza rimane immobile, non la guarda ma può sentirne il silenzio interdetto, l'incapacità di andarsene. L'ha colpita con uno schiaffo. La vita è dura, il mondo non gira intorno a te.

Ma quello che si aspetta, preghiere a cui risponderà con sempre maggior maleducazione fino alla fuga finale fuori dal negozio, non arriva. La ragazza non si muove da davanti a lui, ne sente il respiro. Alza gli occhi malvolentieri.

"Ha capito?", dice.

martedì 21 febbraio 2012

Il tacco rotto, prima parte

La storia che segue consta di quattro parti. Terminerà venerdì. Grazie.

La bottega è piccolissima, sporca, ingombra di ogni genere di oggetto connesso al suo lavoro, chiodini, pezzi di cuoio, tacchi di varie forme e dimensioni, oltre a un'imprecisata massa di avanzi di pelle, liquami depositatisi nel corso degli anni. Più di trenta.

Era diventato calzolaio per passione, per il desiderio di riparare, per prima cosa, e poi di riparare cose di cui le persone avevano bisogno per camminare. Gli sembrava una cosa importante, quando aveva iniziato come apprendista. Ricordava il batticuore di vedere tutti gli utensili schierati in bella mostra, nella bottega allora immacolata, quando aveva fatto il grande salto, s'era messo in proprio.

lunedì 20 febbraio 2012

E il Principe?

 

Lunedì è dedicato ai sorrisi. Stavolta anche alla tenerezza.

C'è qualcosa di vertiginoso in questa graziosa nonna che si abbiglia per condividere con la nipote l'esperienza di essere Principessa. Qualcosa di non completamente chiaro che ci ha fatto riflettere dopo l'iniziale, contenuta, ilarità.

La nonna è tornata bambina?

La bimba farà la stessa cosa per sua nipote?

Sono felici, nell'istante in cui viene scattata la foto?

Da uomini, abbiamo solo un commento:

domenica 19 febbraio 2012

Figlio mio

Mi manchi. Ci vorrebbe tanta memoria, tu sai che non ne ho. Mi ricordo qualche cosa, ma poco.

Faccio muovere il lettino e tu ridi per la prima volta, forte, con la gola.

Tu piccolo che parli male e fai ridere.

Tu che t'arrabbi perché non ti do la cioccolata.

Tu che piangi in silenzio perché ha perso la Roma.

Tu che torni che hai bevuto perché Nicoletta t'ha lasciato.

venerdì 17 febbraio 2012

Notte in ospedale

In ospedale, distesi sull'orlo del sonno, voltando lo sguardo e superando il neon, è facile immaginare che stellata è la notte e che le anime corrono, le lunghe scie d'argento, per poi fermarsi a guardare silenziose questi bipedi attoniti, questi genitori e figli, questi amanti e moribondi. 

Le anime sono alte, immense, se si posassero a terra la loro testa si confonderebbe con le nubi e delle nubi hanno la stessa soffice consistenza. Hanno le braccia aperte, con esse dirigono il loro moto inesausto, guidate da un canto più alto, dalle grida, da una risata.

O dal pianto, che guardano con stupore e con la consapevolezza della sua ineluttabilità, inseguono qualunque fenomeno che significhi per esse la percezione di una realtà che non conoscevano. Perché ogni gioia e ogni dolore è diverso dagli altri che l'hanno preceduto e da quelli che lo seguiranno. Non si può mai conoscere tutto. 

Le anime, poi, dimenticano in fretta.

giovedì 16 febbraio 2012

Calma

Rimanere calmi non è possibile. Se lo ripete osservandosi con inebetita freddezza. Come faccio, allora? Non lo capiva. Era sempre stata una dote che si riconosceva e di cui era fiero, quella di rimanere gelido nelle emergenze. Ma non sapeva perchè accadesse.

Ma ora comprende la reale natura di quella sospensione: indifferenza. Meglio, fatalismo. Meglio ancora, il sollievo di avere finalmente una risposta all'inquietudine che lo tormenta da sempre. Ma tormenta non è la parola giusta. Che lo sommuove, sì, l'inquietudine che lo sommuove. Come un'onda che non si ferma mai.

mercoledì 15 febbraio 2012

Celentano a Sanremo

 Scriviamo questo post quasi in presa diretta, mettendo da parte l'altro e migliore che avevamo preparato per oggi. 

Come sapete, tentiamo di sfuggire quanto possibile alla cronaca, ma a tutto c'è un limite. Sappiamo anche che a non tutti piacciono i post di Lettere che alcuni amici hanno definito "corsivi", ma non è possibile stare in silenzio davanti all'immensa quantità di pacottiglia moralistica e offensiva dell'intelligenza umana che è stata propinata da quello che era un grande artista.

martedì 14 febbraio 2012

Bamboccione sarà lei

 Un articolo sul Repubblica.it, "La falsa leggenda dei ragazzi bamboccioni", a firma Ilvo Diamanti, prende le difese dei "bamboccioni", ossia dell'intera categoria dei giovani a cui tutti, sembra, stanno ricordando che la vita è dura, che loro non hanno voglia di far niente, che desiderano solo il posto sicuro e che non hanno aspirazioni, passioni, ma solo l'ambizione a una certezza di reddito che nessuno può dargli.

Sono, in sintesi, non più il motore del Paese ma la vera forza reazionaria che mira alla conservazione dell'esistente.

Diamanti prende le distanze da questo coro antigiovanile, forte di una serie di dati che certificano i giovani di oggi come la categoria meno protetta e più sfruttata dal dopoguerra.

lunedì 13 febbraio 2012

Nun te temo

Questa foto è straordinaria. Fa ridere, che è di per sé già un pregio, ma lo fa con grazia sfrontata. La grazia e la sfrontatezza sono peculiari della gioventù, quindi ci piace pensare che chi ha concepito quest'immagine sia giovane.

Ma la fotografia va al di là delle intenzioni di chi l'ha composta.

domenica 12 febbraio 2012

Basta neve, grazie

Questo tempo inclemente sulla Città Eterna, oltre le buffonate di sindaci con le pale in mano vestiti da alpinisti o che assistono estatici misteriosi uomini arancioni che versano sale nello spiazzo antistante l'Altare della Patria, e la conseguente, sublime ironia dell'aquiescente popolo romano, ha portato con sé anche una percezione dell'ambiguità nelle decisioni umane, la difficoltà di sposare una condotta piuttosto che un'altra.

In particolare, la questione è stata: catene o non catene?

venerdì 10 febbraio 2012

Arrivo


Fa il bigliettaio per vocazione.

Non che avesse modellini, da bambino, plastici di treni giocattolo. Li ammirava, ma non gli piacevano più di tanto.

Né era figlio di ferrovieri, o nipote, né aveva un qualunque parente collegato con le ferrovie.

Non abitava accanto a dei binari o a una stazione, non aveva nessun rapporto fisico con i treni.

Quando aveva cinque anni fece il suo primo viaggio. Ma non fu l'avvenimento in sé a perderlo.

giovedì 9 febbraio 2012

L'eterna seconda

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Sono qui. Su questo divano, invasa da fogli, una stufetta, una lucetta e a fianco a me, seduta, l' Ansia mi fa compagnia.

Domani è giorno d'esame.

Ma il problema non è tanto questo.

Il mio pensiero o meglio una miriade di pensieri vanno senza ritorno verso un unico argomento.

L'eterna seconda.