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mercoledì 1 agosto 2012

Il compleanno

Poco prima di Natale decide di non pensarci più. Temendo di diventare schiavo delle tre pasticche che prende tutte le mattine, le elimina, per sempre, pensa.
Nessun effetto, se non una riconquistata e serena accettazione della sua vita. Nessuna attesa di un miglioramento. Pian piano, si abitua a quei disturbi imbarazzanti che ha deciso di non contrastare.
 
La primavera lo coglie impreparato, una mattina tiepida e frizzante. Sgomento, si scopre con le pillole in mano, di nuovo.
È in bagno, alza lo sguardo verso lo specchio e non può fare a meno di notare come sia cambiato.
Il suo volto si è affilato, gli occhi sono più grandi, verdi, li ricordava nocciola. È mutato, non solo nella direzione prevista dal tempo e dalla forza di gravità, ma è accaduto qualcosa dietro la sua fronte che ha prodotto un nuovo essere. Si trova a contemplarlo, titubante ma con fiducia. Gli sembra che egli abbia alcune risposte e nuove domande che possono aiutarlo a usare meglio il suo futuro.
Ha ripetuto per anni, a sé stesso e ai suoi amici, che non è importante l'arrivo, la meta, l'obiettivo, ma il viaggio e il percorso per giungere al risultato. Che non è mai stabilito, ma sempre punto di partenza per un altro viaggio.
In sottofondo, una trama che inizia dal primo respiro e termina con l'ultimo. Differire l'arrivo, la fine, gli sembra ora gesto d'infinita e sciocca presunzione. Inutile, dannoso, con un prezzo altissimo, la paura, da pagare tutti i giorni.
Non ha ben chiari i motivi per cui lascia cadere le medicine nello scarico. Non è certo della bontà della decisione, ma non può fare altrimenti.
 
Il peggioramento, netto e inequivocabile, arriva in una delle enormi giornate che dispone l'estate.
 
Inizia una seria requisitoria contro sé stesso, dichiarandosi sciatto come sempre gli è stato rimproverato. Non curarsi è segnale di mancanza di rispetto per gli altri, non solo per sé stessi, gli è stato ripetuto più volte. Per questo si era sottoposto di malavoglia a imbarazzanti esami che non avevano chiarito una diagnosi né una cura, ma che avevano certificato, una volta di più, la sua intolleranza al principio d'autorità, venisse anche da un medico delegato da lui stesso a migliorare la sua salute.
Il peggioramento ora rischia di essere invalidante e ne ha timore, al di là del dolore fisico. Ma si guarda nel futuro, e pensa che si abituerà anche a questa nuova condizione, per quanto scomoda e minacciosa.
 
L'accelerazione dei disturbi è repentina, già in autunno non riesce più a vivere normalmente. Una notte d'ottobre, più insonne e stordita delle altre, comprende che ormai solo le medicine possono concedergli una qualità della vita accettabile. Decide di prenderle.
 
La coscienza che non sta più lottando per guarire ma per sopravvivere gl'infonde un grande senso di pace. Dopo aver allontanato il dolore puro e totale che aveva provato negli ultimi tempi, la recuperata lucidità è motivo di una gioia quasi estatica che lo trascina indietro nel tempo, a quando era un ragazzino seduto a cavalcioni sulla poltrona, a leggere.
Potente, oltre ogni dire, avvertiva le trame e le sottotrame del mondo. La sua mente era una macchina perfetta che funzionava a pieno regime, assorbendo e rielaborando tutto quello che era in cielo e in terra con assoluta semplicità.
Gli anni della formazione, li aveva definiti più tardi, e si rimprovera di quanto fosse stato impreciso, quanto la definizione fosse menzognera.
Questo stesso rapporto con il male gli ha consentito di formare altre parti di sé che prima non esistevano.
 
Quegli anni sono stati semplicemente gli anni della gioia. È il ricordo più vivido che ha. Non l'ha mai abbandonato, ma non come il triste rimpianto di un'età dell'oro perduta e mai più ritrovata. Piuttosto come una qualità dell'esistenza acquattata ai margini della coscienza, un tempo sorgiva e che ora poteva venir sprigionata, raramente, solo attraverso complessi sortilegi di alchimia concettuale. Respirazione. Concentrazione. Tecniche orientali, di cui non si è mai fidato completamente.
Tornare ad averla a disposizione, richiamata dalla semplice assenza del dolore, lo entusiasma e lo commuove. Si domanda per quanto durerà e si risponde che l'importante è che ci sia.
 
Trascorrono giorni terribili e meravigliosi. La sua voce si alza forte e chiara come non aveva mai fatto. È contento di sé, senza pietà e senza cinismo. Lancia lo sguardo oltre il suo appartamento, in una festosa rappresentazione delle galassie, dell'universo stesso, come un cartone animato tremolante disegnato da un bambino geniale e impudente. Ammassi globulari che esplodono per poi ricomporsi in figure da sempre a lui care, animali, genitori, figli, amici, amori, per poi dissolversi di nuovo in stelle rotolanti nel buio. Scie colorate e rasoiate di luce. Archi, trombe e tamburi come colonna sonora.
 
Infine, nel giorno del suo compleanno, comprende.
 

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