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venerdì 23 marzo 2012

Contro Twitter

La semplificazione è, con certezza, adolescenziale. La complessità è, con altrettanta certezza, asse portante della maturità.

Non faccio parte della schiera di denigratori del mondo giovanile, ormai sempre più numerosa e agguerrita. Persone quasi sempre dimentiche, volontariamente, della loro gioventù e di come quegli anni esaltanti, o infinitamente deprimenti, siano quasi impossibile da decodificare quando ci si trova nel bel mezzo di essi.

Gente in malafede, che ricorda i sacrifici compiuti per arrivare al loro stato attuale di detentori del potere, ma non rammenta quanto tali sacrifici siano stati piuttosto ridotti, minimizzati da famiglie abbienti e sollecite, quanto siano ingigantiti dalla memoria menzognera che ci spinge, sempre, a identificare la nostra gioventù come un'età dell'Oro in cui tutto era chiaro e andavano avanti solo i Retti, i Forti, i Giusti.

In pratica, Noi.

Che nell'odierna pratica quotidiana, scopriamo di non essere né retti, né forti, né giusti.

 

Come siamo arrivati qui, a sentirci depositari della verità? Perché la mia generazione, negli anni di formazione, semplificava: essere liberi contro essere oppressi. Noi volevamo essere dalla parte dei liberi. Poco importa che, per farlo, dovessimo diventare oppressori.

La definizione stessa di borghesia si è confusa, strumentalmente, al punto che non siamo più in grado neanche di vedere che, se non è la categoria alla quale apparteniamo, sicuramente entrarne a far parte e una delle nostre massime ambizioni.

Quindi, infinite discussioni sull'aggressione della precarietà, sul desiderio di accendere un mutuo per avere una casa di proprietà, sul lavoro che non c'è. Facendo un lavoro che è precario per definizione fatico a comprendere tale punto di vista.

Questo sistema sociale è fortemente avversativo dei giovani, tende alla conservazione dei privilegi acquisiti, vuole spingere le nuove generazioni ad accontentarsi delle briciole, la casetta, il lavoro part-time, lo sballo del sabato sera, che cadono dal pantagruelico pranzo che le generazioni precedenti stanno consumando da anni e anni.

Credo che vada letto in questo senso l'avvertimento lanciato da Michele Serra contro la rozzezza di Twitter: 140 caratteri non possono racchiudere la complessità di un pensiero. È una semplificazione, appunto, che per la sua superficialità spinge a mantenere il mondo esattamente com'è. Un mondo che non vuole che voi pensiate, che abbiate idee complesse e che minaccino cambiamenti profondi. Anche questo blog ha un account Twitter, ma che rimanda sempre a un altro contenuto, il post, appunto.

Quella di Serra non è una crociata antimoderna, ma un invito provocatorio ad alzare il livello della conversazione. Perché è l'unica speranza che avete per ottenere una vita piena e soddisfacente, per fare un passo sulla via della civiltà. Per lasciare un mondo migliore di come l'avete trovato.

Avrete il vostro lavoro con un contratto a tempo indeterminato, se qualcuno vi raccomanda, poi la casetta col divano a tre posti dove la sera guarderete la Novantesima edizione di Ballando con le stelle. Intanto, invierete tweet a destra e a manca.

Poi?

 

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