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mercoledì 4 aprile 2012

240 ore

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. E, a proposito, anch'io ti voglio bene.

"Sabato 24 marzo mi sono alzato stranito. Molto stranito.
Ho barcollato fino al bagno e mi sono guardato allo specchio. Chissà cosa ho visto, ma sono andato in camera, ho preso un pennarello, sono tornato in cesso e ho scritto sullo specchio "Oggi e' una giornata meravigliosa".
Non credo che mi basterà tutta la vita per capire il motivo di quel gesto.
L'ipotesi più accreditata è che io abbia inconsapevolmente cercato di cambiare il corso del destino.
Non ci sono riuscito.
Verso le due ha squillato il telefono.
Ero pronto. Aspettavo da qualche tempo quella telefonata.
Era mio fratello, Vieni di corsa Mamma sta male.
Sono arrivato in pochi minuti. Poi eventi a catena, veloci, difficili da mettere in ordine. Mamma sdraiata a letto semi paralizzata. Il suo viso è contorto dal dolore in una smorfia che mi fa pensare a uno scultore che è scappato via lasciando cadere martello e scalpello senza finire il lavoro. Mio padre li vicino che la accarezza e le parla dolcemente e confuso: sembra un bimbo. Un amico medico mi urla al telefono di non perdere tempo e chiamare di corsa l'ambulanza. Si raccomanda: privata, che con la pubblica la portano nell'ospedale sbagliato. Non trovo la privata ma arriva la pubblica. Troppe scale: la mettono in un sacco e giù per i gradini; Mamma scivola, la tirano su in malo modo, la vedo che si vomita addosso e sono contento che mio Padre non sia nei pressi. Poi in rianimazione una dottoressa ci intima di decidere velocemente che se non facciamo immediatamente quell'iniezione Mamma entra in coma. L'ictus però è molto grave e la terapia potrebbe causare un emorragia potenzialmente fatale. Diamo l'assenso. Con noi un altro amico medico, l'amico di tutta la vita, che quando serve non sai mai come cazzo faccia ma lui arriva sempre. Poi altra telefonata, di notte stavolta, l'emorragia c'è stata, è questione di minuti, avverta suo Padre.
Ma invece no.
Mamma sta ancora lì. Sono passati dieci giorni e lei sta ancora lì.
Non sembra lei, è vero, ma sta ancora lì.
Immobile da 240 ore.
Però mi riconosce.
Non riesce ad aprire gli occhi ma biascicando mi chiede cose.
Oggi mi ha chiesto un massaggio: le fanno male il collo e la testa.
Le ho fatto il massaggio, ignorando l'arteria cerebrale destra esplosa e la massa emorragica sottocutanea che le opprime il cervello. Le ho massaggiato anche il collo, scansando con le dita i tubicini delle mille flebo e dei mille, indecifrabili sondini da cui sembra dipendere la sua vita. E mentre la toccavo mi sono reso conto di quanto poco io sappia di quel corpo.
Mi e' sembrato, oggi, per la prima volta, di vederle le rughe e sono stato contento che non potesse aprire gli occhi per la quasi certezza di non ricordarne il colore.
Le ho carezzato i capelli maledicendo un male che ti impedisce di lavarti per così tanto tempo. Roba da pazzi, in un simile stato ti incazzi per una doccia.
Poi pensieri confusi: pochi giorni fa, il giorno del mio compleanno per l'esattezza, ho confessato a un'amica di essere felice per non avere rimpianti e rimproveri da fare a me stesso.
Come spesso accade mi sbagliavo: se potessi schiacciare il tasto indietro toccherei di più mia madre, le carezzerei il viso e la terrei sotto braccio di più, molto di più di quello che ho fatto. La abbraccerei più spesso.
La vita le ha dato tre figli maschi e di carezze a dire il vero non è che ne abbia avute molte.
Mio fratello più grande è arrivato solo l'altro ieri e oggi è già ripartito.
Quello piccolo si è sposato sabato e oggi è in viaggio di nozze.
Credo che sia Pennac ad aver scritto che ci vogliono molte donne perché un uomo riesca bene.
Io sono un uomo fortunato perché ho una madre, una moglie e una figlia meravigliose.
Impossibile però non pensare, in questi giorni, che senza la prima molto semplicemente io non ci sarei.
O più precisamente, io non sarei stato."

Un figlio
 

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