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giovedì 12 luglio 2012

Possedersi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Le era apparso davanti all'ora stabilita. Non si può dire che se l'aspettasse. In un certo senso, lei non si aspettava mai niente. Però quel pomeriggio lui era venuto a prenderla per andare al cinema. Lei calcolò che sarebbero stati quasi tre ore insieme. Fuori. Nell'aperto sconcertante di una giornata estiva. Non era mai accaduto in nove mesi. Sotto il suo portone, ora lui armeggiava con i caschi. Portava una camicia bianca di cotone che esaltava il colore bruno della sua pelle, dentro cui si rifrangevano, per vicinanza, i lineamenti malinconici del suo viso. Avevano davanti a loro tutto quel tempo.
Lei lo guardò come si guarda un fantasma, un essere venuto da un altro mondo. Quell'uomo non le apparteneva, anche se si erano detti infinite volte le parole dell'amore.
 
Per la prima volta sentì di essere presente al loro tempo. Lo accettò semplicemente. Vivevano un tempo scandaloso, un tempo non tollerato fuori dal tempo. Un tempo che loro strappavano alla terra e offrivano folli al cielo. In genere, a quel pensiero lei si rattristava. Invece stavolta lui le apparve in una nuova luce. La luce di una estraneità perfetta, e misteriosa. Ma proprio per questo straordinariamente esatta. Lei non lo possedeva, lui non la possedeva. Nel baratro di quel tempo scandaloso, si guardavano sorpresi e felici.
Lei aveva paura di toccarlo. Pensava che si sarebbe rotto. Anche lui sembrava avere la stessa dolcissima cautela. La loro condizione di infelici pochi sembrava ora l'unica condizione umana, la strada bianca da mostrare agli infelici molti che tutti giorni si alzano convinti di possedersi."
 
Anonima

 

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