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domenica 26 febbraio 2012

Bravo

Con un certo senso del dovere si avvia verso l'ufficio. Ore otto, traffico esasperante, radio accesa.

Non è senso del dovere, è automatico. L'idea lo colpisce una mattina grigia di novembre, con ancora un lunghissimo inverno davanti. Non sopporta l'inverno, ai primi freddi prende un grande respiro e trattiene il fiato fino a primavera. Col tempo ha imparato a non fidarsi delle belle giornate di fine febbraio, conosce l'inganno di cui sono vittima tutti i romani.

Forse non è una trappola, però, comprende in un altro istante, forse è solo un tentativo di fargli riprendere aria, altrimenti soffocherebbe prima di arrivare a primavera.

 

Quindi, ora, otto e quindici, solo trecento metri percorsi in fila, ha due scoperte con cui giocare: non ha senso del dovere, ma andare in ufficio è solo un'abitudine, e l'inverno, di tanto in tanto, gli dà tregua permettendogli di proseguire la marcia verso il sole.

Ci gioca, allora.

Forse è tutto così. Forse siamo solo noi che vediamo il bene e il male dove non ci sono.

Otto e mezza, duecento metri di strada sgombra. Quando mette la terza, la prima volta da quando è partito, si sente sollevato e impaurito. Le due scoperte appena fatte hanno un significato molto grande, ne è sicuro. Potrebbe essere la rivoluzione di tutto quello che ha fatto e pensato finora. Non vorrebbe che fosse accaduto, ha timore che continuando a giocare possa perdere tutto.

Il suo lavoro, sua moglie, i bambini. La sua vita, com'è stata fino a quel punto, né bella né brutta, ma sua. Non può buttarla via, non vuole.

Otto e quarantacinque, trecento metri dall'ufficio, ha cambiato di nuovo parere. Ma sì, potrebbe ricominciare tutto da capo, senza male e bene, senza pregiudizi. Chi l'ha detto che essere un lavoratore integerrimo sia bene, che essere sempre affidabile sia un pregio? Chissà cosa potrà fare, da ora in poi, libero e liberato dal senso comune. Non ci aveva mai pensato, ma quello che tanto l'attraeva nei film, nei libri, nelle storie, era che nessuno sapeva davvero come fosse giusto vivere.

Alla fine, vincevano quelli che facevano del loro meglio per essere felici, contro tutto e tutti. Anche contro sé stessi.

Alle nove si siede alla sua scrivania. Anche oggi è stato puntualissimo.

Quello che ha pensato in auto sembra un sogno sbiadito, che gli lascerà un senso di disagio per tutto il giorno. Come se avesse perduto qualcosa che gli piaceva ma non ricorda cosa fosse.

Accende il computer e inizia a lavorare.

Deve sbrigarsi, dovrà uscire alle cinque in punto. La bambina ha un appuntamento per l'apparecchio dentale e solo lui può accompagnarla.

È un bravo impiegato, un bravo padre.

Un brav'uomo, forse.

 

 

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