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venerdì 22 novembre 2013

Ordinatamente

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 

"Sono passati molti mesi, ora è il tempo giusto, per chiedersi e rispondere. Io di domande, durante questo periodo lunghissimo, alle mia anima sfracellatasi con te, non ne ho fatte. Ho voluto prima curarla, risparmiandole l’ulteriore dolore di cercare le risposte. Anche perché di risposte da darle non ne avevo. Dunque ho taciuto e l’ho distratta, raccontandole fiabe e poesie o tutt’al più chiedendole di aspettare in perfetto silenzio. Il dolore urlato è inutile. Il dolore, per avere speranza di guarire, va sparso ai piani bassi, come una polvere che i pensieri soffiano piano, su, su, fino alle narici, fino al cervello, che è il posto giusto per il dolore. All’interno della mia esistenza, tu non avevi speranza di entrare. Ogni cassetto conteneva ordinatamente i pezzi della mia vita.

Ordinatamente è l’avverbio che la descrive con ossessiva precisione.

Banale è l’amore che scoppia improvviso.

Non lo è per niente quello quello che invece monta con meticolosa precisione a partire dal momento esatto in cui lo hai deciso. Nell'istante in cui ti arrendi e di nuovo decidi di farti sommergere dall’onda emotiva, che risorge, dal basso della tua esistenza normale. Là, dove lo hai relegato con forza e caparbietà e infine dimenticato, tanto ordinata deve essere la tua vita. Decidi che è arrivato il momento di provare di nuovo. E’ bello l’amore che nasce! Dapprima è così difficile da individuare, da definire come sentimento, che di lui non ti accorgi. Solo dopo che ha totalmente invaso i tuoi cassetti, scopri che è perfettamente inutile ignorarlo. Devi farci i conti, lo devi accettare, non puoi semplicemente far finta che non ci sia. C’è e reclama il fio della sua esistenza, lo reclama a te che non vorresti sapere di che colore è l’alba che ti nasce nel petto. Ti segue lungo la strada e ti ossessiona con alterni e sconsiderati stati d’animo. Lo senti feroce che s’affaccia sull’orlo del letto. In bagno ti guarda lavarti e non si vergogna. Consuma i tuoi pasti e affossa gli sguardi.

Infine t’arrendi, spalanchi la bocca e lasci che entri, che soffi con foga negli ordinati cassetti. Spaventata pensi che nulla potrà più placare la follia di quegli attimi e allora decidi, decidi di essere lui. Quell’amore che t’ha preso ora sei tu. Danzi, canti, ubriaca di lacrime e risate. Senti di essere divenuta potente. L’essere più potente che il mondo abbia mai procreato. Potresti spaccare montagne, prosciugare mari, aspirare l’aria dai vulcani senza lasciarti bruciare.

Banale è l’amore che muore improvviso. Non lo è per nulla quello che invece vive di morte annunciata, tanto ordinati i cassetti dell’esistenza. Poiché la fine arriverà, così come è vero che tutto è iniziato. Ne segui con pena i sussulti improvvisi, soprassalti di vita che non vuole arrendersi. Se ne va, senza rumore abbandona le stanze. C’è disordine ovunque, foglietti a brandelli di ciò che abbiamo vissuto. Parole, centinaia, migliaia di parole, di tutti i tipi, misure e altezze. Stanno distese, disseminate per le stanze. Era fatto di parole, così l’ho voluto. Non importa se non mi hai creduto. Le parole che ho usato per ricoprirmi di te, mi hanno fatto a lungo compagnia. Le ho lasciate galleggiare sul fondale della mia vita. Le ho usate per cucirmi una maglia. Ne ho fatto un brodo caldo, ma anche fiabe e poesie che ho raccontato all’anima, sfracellatasi con te."

Anonima
 

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