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venerdì 12 aprile 2013

Mammina cara

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
 
"Ore 06.30 del mattino, Brahms. Meditazione. Dalla camera di fronte si sentono le voci di Pimpa e Armando.
Un pianoforte impazzito e la leggerezza del violino, poi l'entrata dei fiati, sinuosa, e poi... SBAM!
“Mamma, mamma! Si muove!”
“Cosa, tesoro”, gli rispondo, cercando di mantenere la concentrazione...
“Il dentino, un giorno di questi cade, lo so!”
“Fa vedere...”
Brahms continua ad aleggiare nell'aria, rende tutto così piccolo, intimo.
Do un'occhiata a quella bocca grande come un'arancia, il dentino in bilico è cariato, colpa dei troppi vizi che non si sanno negare ai figli in questo periodo di Pasqua.
“Quanti soldi mi porta il topino secondo te?”
Mi dice con la bocca semiaperta.
 
“Se stai zitto cerco di capirlo!”
La musica cresce sempre più forte, è il momento in cui tutti gli strumenti sono chiamati a suonare, la musica si innalza, cresce, sale.
“Mi sa che domani mi cade, mi sa!”
“Zitto!”
Guardo nella sua bocca, ma la mia testa è altrove, è come se fossi trascinata da quel flusso, non posso farne a meno.
“Te la posso dire una cosa” e deglutisce. Per farlo chiude la bocca e stringe fra i suoi denti il graffio che mi ero fatta la sera prima per tagliargli il pane a pezzetti, per convincerlo a mangiare. Mi parte la mano.
Inizia a piangere.
No, non posso sopportarlo, già di prima mattina. Mi infilo sotto le coperte, con il cuscino sulla testa per non sentirlo.
Ora la musica è cambiata, è flebile e io quasi non la sento. Lui continua a strillare, picchiandomi, senza forza. Ha paura.
Per dispetto stacca la spina dello stereo. Mi alzo di scatto dal letto, sbattendogli le coperte in faccia, facendolo barcollare. Mi ritrovo sopra di lui, posso farne quello che voglio.
Non so cosa mi passa per la testa in quel momento, fatto sta che lui lo vede e io lo leggo attraverso i suoi occhi.
È immobile, terrorizzato come non mai. Ha paura di me. La paura di me.
D'un colpo vorrei diventare di sale e permettergli di distruggermi, con tutta la forza che ha nei braccini. Vorrei che mi odiasse. Che crescesse presto e andasse via di qua.
Lo abbraccio, stretto, e lui non scappa, mi stringe ancora più forte e non piange. Io sì, io piango forte, mentre lui trattiene tutte le lacrime che ora gli traboccano dagli occhi, ma dalla sua bocca non esce suono.
Dopo qualche minuto, quando ha ripreso a respirare quasi regolarmente, mi dice “Ma secondo te papà viene a portarmi almeno un uovo di Pasqua?”
Lo guardo, scoppio a ridere, con tutta l'amarezza che ho in corpo...
“Meglio di no, altrimenti ti cadranno tutti i dentini."
 
Nika P.
 

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