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venerdì 5 aprile 2013

Più di voi

Un vecchio non ha nulla da perdere. Un bambino tutto. L'innocenza, per esempio. La credulità. La madre. L'assenza di ragione della bellezza. Spiegarsela sarà il suo compito ossessivo e irrisolvibile. Ne troverà soluzioni parziali, momentanee, che si sgretoleranno alla prima delusione o all'ultimo malanno.
Questo pensa guardando il bimbo nella carrozzina, in uno dei parchi dove i genitori consumano i propri sensi di colpa festivi.
Lei non ha bambini da condurre, ma non l'ha mai considerato un problema. La maternità le è sempre sembrato un dovere biologico più che una scelta. La sua affannosa ricerca con l'uomo che aveva ritenuto di amare l'aveva sfibrata, annichilita, finché anche il loro amore si era dissolto di fronte all'impossibilità di avere figli.
Come se fosse importante, pensa, come se non fosse colpevole, la maternità, della più grande tragedia: generare un essere perfetto, obbligato, per sopravvivere, a perdere la propria perfezione.
Si avvicina al bambino che dorme. Il padre sta giocando a palla con il figlio più grande, la madre è perduta a terra fra l'erba posticcia degl'inverni settentrionali. Lo guarda.
 
Non ne ho avuti, come te, e non ne avrei dovuti avere. Ma devo essere sincera, non ricordo come fosse aspettare invano che il mese mi avvertisse che tu ci fossi, dentro di me, che anch'io ero entrata a far parte di quel mondo diverso dei genitori, di quell'amore, mi si dice, senza requie e senza cura.
Ho schernito per anni lo sgomento che afferra le madri quando raccontano di come e quanto e perché i loro figli gli assomiglino, l'orgoglio dei padri per un calcio ben assestato, e ancora oggi trovo ingiusta l'aria di complicità fra le mie coetanee condannate a veglie e allattamenti, il loro non nascondermi nulla della mia esclusione da quel luogo di gioie e tormenti che è un figlio.
Come se non sapessi nulla della vita, o comunque poco, solo perché non ho generato.
Vi chiedo, allora, siete fieri della perdita dell'innocenza che questa creatura patirà? Siete orgogliosi dei dolori che dovrà soffrire, a volte senza rimedio, solo per l'atto che vi ha condotto a inseguire, banalmente, quanto banalmente, l'illusione dell'eternità?
Questo pensa, mentre guarda il bambino che dorme. Perderai tutto quello che hai, e cercherai tutta la vita di riaverlo indietro senza riuscirci.
Ma il bambino si sveglia, apre gli occhi, ed è lui, stavolta, a guardare lei.
Che non può difendersi.
Si avvia verso l'uscita del parco, a passi svelti, come inseguita da qualcuno che voglia trattenerla ma senza forza, e che tuttavia sia impossibile allontanare.
Come quel sogno in cui parlava a chi era sempre nascosto, nonostante lei lo cercasse. Finché si era arresa e svegliata.
Le tre, con tutta l'enorme notte davanti, piena di rimpianti e rancori, di sfide inutili o mai iniziate, di tutti gli atti mancati che ci rimproveriamo. Alla fine era arrivato, per fortuna, il mattino.
So, della vita, come voi, più di voi, perché ho perduto.
 
 

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