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venerdì 3 maggio 2013

Primo maggio, festa dei lavoratori.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Alla fine, steso sul letto, penso a lui.
Squilla il telefono. So bene che quella chiamata proviene dal suo numero, perché, anche se non lo ricordo, avverto inconsciamente il gesto che compie nel digitare il mio. L’orologio segna le tre e un quarto e io rispondo. La sua voce è molto più rauca dell’ultima volta, come se il tempo si fosse posato sulle sue corde vocali per non lasciarle più.

Papà?”
“Ciao, come stai?”

Sembra che quella telefonata faccia parte di una normale abitudine, un quotidiano contatto per avere notizie. Non è così.
Ogni vocale o consonante pronunciate dalla sua bocca hanno un oscuro peso di stanchezza e rassegnazione nei confronti della vita, degli altri, di se stesso.

“Ho sentito la mamma. Mi ha detto che non lavori da molto tempo.”
 
Nonostante abbia tutte le risposte all’infinito muro di domande, piango nel sentire la sua voce, perché ogni volta che prende fiato per emettere suono, mi riempie di dolci e gelide carezze che rendono il mio diaframma un blocco di cemento ardente. Mi manca il respiro.

“Oggi ho chiesto di essere assunto per distribuire volantini. Anche se per 40 anni ho fatto il muratore, non c’è più spazio per uno come me e devo cambiare settore.”
“Che ti hanno detto?”
“No, mi hanno detto di no.”

Provo invidia nei suoi confronti, perché, nonostante tutto, non so se un giorno riuscirò a dare o fare qualcosa di giusto o bello o migliore quando sarò genitore anch'io.
Non lo odio. Ogni volta che lo sento sono proprio quelle cose giuste che riaffiorano.
Sono scosso da un tremito incontrollato di coscienza e conoscenza di quello che è stato, che è, che sarà.

“Papà, non preoccuparti che qualcosa troverai. Sei testardo, almeno in questo sei forte."
Il silenzio.
“Spero che lì da te vada tutto bene.”
“Non mi lamento. Imparo e in silenzio cresco”
Gli voglio un bene immenso, perciò lo saluto.
“Alla prossima papà. Ti voglio bene."
“Ci sentiamo.

Resto al cellulare aspettando un'ultima reazione. Il suo respiro, nient’altro.
Il respiro di un uomo giusto.
Alla fine, steso sul letto, penso a lui."

Francesco Paolo
 

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