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lunedì 19 maggio 2014

Tortuga, -2

Il quanto è davvero interessante. Non è soltanto una questione di mero denaro, ma ci sono alcune considerazioni da fare. Perché il quanto, dirò una cosa pericolosa, non è importante. Io non so se siamo fuori da una crisi economica, vivo in una crisi economica personale da troppi anni per riuscirmi a occupare della crisi comunale, regionale, nazionale o planetaria. So che nel mio lavoro la crisi è continuata e che ci si basa su risorse statali, dirette (Ministero) o indirette (assessorati di regioni, province o comuni vari) che si sono evidentemente impoverite se non inaridite.
Lo considero un delitto, ma anche una naturale conseguenza di un uso a sproposito della parola cultura.
Nel nome di questa innocente, vilipesa, derisa e deturpata parola si sono consumati atrocità intellettualoidi e favori agli amici e agli amici degli amici, sostenendo Pseudomaestri che devono la loro autorevolezza esclusivamente all'anagrafe o Pseudogiovani esterofili dimentichi di quello che è avvenuto precedentemente al loro evitabilissimo avvento, sempre nell'assoluto disprezzo del pubblico e della cosa pubblica, del tanto sbandierato bene comune.
Il pubblico è sempre stato considerato non all'altezza del prodotto che gli veniva propinato, che fosse o una medicina amara ma necessaria, non si sa bene a cosa, o un metodo per stordirlo con una marea di goffe riproduzioni di vecchie, stantie e superficiali commedie degli equivoci, come se il pubblico stesso non fosse composto da adulti senzienti, ma da minus habens che dovevano essere elevati o titillati nelle parti basse, se non brutalmente sodomizzati, provocati per scuoterne le coscienze, già notevolmente ammaccate.
 
Quanto costa uno spettacolo? Lo sperpero di denaro pubblico è stato ed è, pur considerati gli scarsi volumi che in teatro siamo abituati a considerare congrui, inimmaginabile. Nessuno è mai partito dalla necessità di costruire un oggetto che fosse uno strumento di conoscenza e divertimento, possibilmente combinando le due qualità, guadagnando il giusto, ma il tentativo è stato esclusivamente quello di lucrare illecitamente attingendo a risorse che non si meritavano, per le quali non si rendeva un servizio equivalente.
Ovviamente ci sono state e ci sono le eccezioni, ma sono, per l'appunto, eccezioni. Un movimento dello spettacolo dal vivo non si può costruire sulle eccezioni, evidentemente.
Sì, ma quanto costa? Molto meno di quanto si possa pensare. Ovviamente si deve far leva su quella specie di ossessione di cui si è parlato negli ultimi post, di quel tabù deontologico che impedisce di cercare soluzioni men che perfette nel limite del denaro a disposizione, di quella irreale passione che spinge alcuni a lavorare per il bello in assoluto, anche se sembra sempre al di là della propria portata.
Ma si tratta, soprattutto, di lavorare insieme, non soli contro tutti ma soli per tutti.
I costi di Tortuga sono ridicoli in una economia abituata alle decine di migliaia di euro per compiere qualunque insipida e dimenticabilissima vicenda teatrale, e ciononostante lo scrivente non riposa bene nottetempo, come si può dedurre anche dall'ora in cui deposito i post, contemplando la spesa per cui si è esposto.
Non avrei neppure potuto pensare di farlo se le persone con cui lavoro, musicista, scenografa, l'ufficio stampa, l'attore, i grafici, il light designer (oltre, ovviamente, all'organizzazione e l'amministrazione di Lisa, regia compresa, che non hanno guadagnato nulla, investendo il proprio lavoro e alcune donazioni personali e dei propri cari e amici), non avrei potuto farlo, dicevo, se tutti costoro non avessero non solo quantificato la loro opera un ventesimo di quanto in realtà meriterebbero, ma non ci si fossero applicati come se davvero percepissero il giusto per tanto talento, abnegazione e capacità.
Il periodo precedente è un poco lungo, lo capisco, ma credo renda bene l'idea del piccolo ma cristallino fiume che ci ha condotti fino a martedì.
Per fare una cosa bella, divertente e necessaria. Per quell'incorruttibile sogno che condividiamo.
Di cui parleremo domani.
 

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