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giovedì 18 agosto 2011

Airone

Con Alfredo siamo stati compagni di studi, studi teatrali.
Eravamo molto giovani, io più di lui.
Ho sempre pensato che avrei dovuto far per lui qualcosa che non ho fatto, ma non sono mai riuscito a comprendere con chiarezza cosa.
Nulla, probabilmente, perché in realtà Alfredo aveva bisogno di troppo.
Ci siamo riincrociati, dopo trent'anni, casualmente, attraverso uno degli spiragli sul passato che offre la Rete.
Ci siamo sentiti, anche, una telefonata lunga e di grande affetto, perché ne abbiamo ancora, l'uno per l'altro, mi è parso.
Un altro paio di telefonate, per questioni pratiche che lo riguardavano e per le quali non sono riuscito ad aiutarlo, poi niente. Non ci siamo neppure visti.
Alfredo è una di quelle persone di cui si parla, in modo favolistico, che si è certi che esistano nel mondo, ma che non riusciamo mai a riconoscere.


Alfredo è un poeta.
Non sono neppure sicuro che lui lo sappia, ma io ne sono certo.
In questi anni l'ho sempre tenuto vicino, in quella forma lieve e distratta che concediamo ai diversi da noi, ricordandone, di tanto in tanto, qualche gesto, qualche gaffe, qualche parola.
Ha scritto una poesia, nel breve periodo che abbiamo vissuto insieme, che mi divertiva, perché terminava con una volgarità in romanesco, che lui, emiliano, pronunciava con irresistibile ed involontaria comicità.
Ho impiegato molto tempo a comprendere quanto fosse importante per me.

"Nel mio cuore
C'è un airone
Che canta
Forte forte
Perché è vicino alla morte.
No,
Urla.
No,
Strilla.
"Alimortacci tua, non voglio morire."

Alfredo era, e credo sia ancora, basso, piuttosto tarchiato. Nessuno penserebbe che nel suo cuore abita un airone agonizzante che vuol sopravvivere a tutti i costi, urlando, strillando, cantando.

L'ennesima volta che ho ripetuto mentalmente questa poesia, ho deciso di prendermi cura del mio airone. Se non l'avessi fatto sarebbe morto. Con lui sarebbe scomparsa una parte così importante di me, di noi, che mi viene da baciare tutti quelli che incontro quando penso a quanto sono stato fortunato ad aver conosciuto Alfredo.

Venticinque parole.
Grazie,
Alfredo.

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