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domenica 14 agosto 2011

Scusami, Angelina

I sensi di colpa sono difficili da rimuovere.
Si ricordano spesso nella forma di volti colpiti da nostre affermazioni o da domande dette allo scopo di ferire, oppure da nostre menzogne, spesso inutili.


Si ricorda, quasi sempre, come sarebbe stato più semplice evitare quella sequenza parole e di silenzi, di ferite inferte, come sarebbe stato più semplice disinnescare la propria rabbia a favore di una reale comprensione di quello che stavamo provando, reagendo nel modo giusto, che non avrebbe portato dolore a nessuno ma solo chiarezza, altrettanto feroce, forse, ma ricercata in buona fede.

Ma esistono anche sensi di colpa che derivano dall'aver agito o parlato con superficialità. Li abbiamo curati pensando che comunque era una sciocchezza, che avremmo facilmente riparato all'errore la prossima volta, spiegando, appunto, che si era stati superficiali, che non si voleva dire o fare quello che si era detto o fatto.

Però, càpita che la prossima volta non c'è, che non abbiamo più modo di giustificarci con la persona che abbiamo ferito involontariamente, o meglio, per mancanza di controllo.
Così il senso di colpa rimane, come una piccola o grande ferita, niente di tragico, ma con cui dobbiamo imparare a convivere.

Se non riusciamo a farlo, la ferita diventa incurabile, un segno mal cicatrizzato sui nostri pensieri.
Ci scopriamo a ricordarla nei momenti più inopportuni, quando, per esempio, avremmo bisogno dell'incrollabile certezza di essere, se non perfetti, almeno molto ben fatti, dimostrare a tutti che siamo affidabili per un compito, un lavoro, una collaborazione fruttuosa.
Invece, ci fermiamo imbambolati a riflettere su quell'errore che non abbiamo sanato, su quel conto che non siamo riusciti a saldare.

Niente di grave, di nuovo, il lavoro ci sarà dato, il compito assegnato, la collaborazione partirà, dopo quella micropausa che, con un poco di fortuna, nessuno percepirà.
La frana della nostra sicurezza non verrà notata, ma noi sapremo che è accaduta, che ricapiterà, quando meno ce lo aspettiamo, perché non abbiamo chiesto scusa, non abbiamo fatto in tempo.

Siamo diventati invalidi, anche se in piccolissima percentuale. Ma il difetto acquisto e insanabile sarà anche il motore della nostra creatività, di come sapremo risolvere i problemi tentando di essere meno superficiali.
Il dolore arrecato, però, rimane. Temo che non serva a niente.

Il 14 agosto del 1933 nasceva Angelina Orlando, mia madre. Oggi avrebbe compiuto 78 anni.

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