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sabato 3 dicembre 2011

Canada tre

Un libro bellissimo, ve lo consiglio, no, ve lo ordino, come si prescrive un medicinale, contro la percezione della propria pochezza.
Un libro che ripete a ogni pagina che per quanto facciate cazzate non è mai colpa vostra. Che vi fa ridere, nel frattempo. Che vi fa piangere. 
Che, comunque, vi spiega con grazia feroce che le cazzate che fate, e di cui non avete colpa, come già detto, le pagherete sempre, a volte oltre quello che meritereste. 
Un libro che vi ricorda, infine, come la vita sia un complicato, affascinante giocattolo che non si è mai pronti a posare per andare a dormire.
Scritto da un ebreo laico, e io sono innamorato degli scrittori ebrei laici.
Di Montreal, Canada.

Tutto da rifare, dunque? Il Canada era davvero ideale, per me, ed era quindi impossibile sottrarvisi?
No, sono molto più bravo di così nel mettermi i bastoni fra le ruote, nello sgambettarmi mentre sono in testa a pochi metri dal traguardo.
La bellezza del libro mi ha convinto che non sono uno scrittore all'altezza di quelli canadesi. Sospetto che avevo già avuto ma che si era ormai trasformato in certezza.
Mi rassicurava, inoltre, che avrei dimenticato la prostrazione provata dopo l'emozione procuratami da Barney e che quindi, prima o poi, sarei tornato a cercare i prezzi dei voli per Montreal.
La fuga favolistica rimaneva inalterata ma la coscienza della mia mediocrità era salita di alcuni punti.
Alcuni, come Terra Promessa, hanno il Brasile, altri le isole tropicali, altri ancora la Terra Promessa per antonomasia, Gerusalemme e quella piazzetta dove sono nate tutte e tre le religioni monoteiste.
Io ho il Canada. 
Me lo tengo stretto, perché, per me, è davvero irraggiungibile.

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