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mercoledì 28 dicembre 2011

Clandestini 1: Lei

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


 

"L’appuntamento è allo studio di lui. Di solito si vedono da lei. È sempre sola in casa. Suo marito lavora fuori città, ma oggi ha una riunione di lavoro in un albergo di un quartiere vicino casa e potrebbe rientrare in qualunque momento. Non è facile ritagliarsi momenti d’incontro, d’altra parte, e lui oggi ha un’ora a disposizione, così lei accetta. Se non fosse così elastica e così pronta a correre ogni volta che lui glielo chiede, probabilmente la storia sarebbe finita e lei questo non riesce proprio a concepirlo.

Lui è spesso fuori per lavoro. Conferenze, convegni, tutte cose che lo portano lontano. In più dà priorità assoluta alla sua famiglia. I suoi figli, gemelli adolescenti, un maschio e una femmina e sua moglie, della quale è ancora molto innamorato, assorbono tutto il tempo che non dedica alla sua carriera universitaria.

Si guarda allo specchio con aria truce. Non si piace e ha paura. Che qualcosa vada male, che lui la trovi brutta come si vede lei in questo momento, che sia poco affettuoso, che le faccia capire che vale poco per lui, che le parli di un’ennesima studentessa che si è presa una cotta per lui dicendole, senza convincerla, che lo lascia indifferente. Di solito passa, appena lo vede.

-
Mi lasci pure qui – dice al tassista – Buon lavoro. Va bene così.

Allude al resto che non ha il tempo di prendere.

Forse non dovrei girare con le gambe esposte, sono di un bianco cadaverico, pensa specchiandosi velocemente in una vetrina mentre cerca il numero civico. È andata pochissime volte in studio, non ha senso dell’orientamento e ora le sembra di averne ancora meno.

Poi, finalmente, vede lui in lontananza. 


La aspetta davanti al portone, forse per fingere un incontro casuale. Vede la sua figura elegante, le mani che scorrono nei capelli brizzolati. Non avrebbe mai pensato di poter essere attratta da quel tipo di mano, lei che pensava di amare le mani sottili. Farebbe qualunque cosa per vederle e per sentirle, quelle mani. Ha una tachicardia che le fa temere un infarto. È ancora agitata ma è felice, adesso.

-
Ti conoscono – dice quando si trovano vicini– mi guardano tutti.
-
Ti guardano tutti perché sei bella come il sole.

E, improvvisamente, è così che si sente. Bella e desiderabile come percepisce che la ritenga lui. La sensazione aumenta mentre salgono le scale in fretta e lui non riesce a staccarle le mani di dosso. Poi, il tempo di aprire la porta dello studio, avvicinarsi alla scrivania e sono l’uno nell’altra. Adesso non conta più niente. Esiste solo quello. Quel momento, quel contatto totale, breve, sì, ma di una pienezza talmente appagante da giustificare tutta l’ansia, i rischi, la perdita di equilibrio.

-
Come ho fatto senza di te? – dice lei. In quel momento le è impossibile concepire di stare in qualunque altra situazione che non sia quella.

Poi c’è il fatto imprevisto. Una vibrazione.

-
Rispondi – dice lei – è il tuo.
-
Cosa? – dice lui – A cosa dovrei rispondere?
-
Al telefono.
-
Non sento niente. Niente tranne te.

È così che dice, ma lei sa che è così solo in quel momento Sa che, dopo, lui si sentirà in colpa anche solo per averlo pensato. Passa qualche secondo. Insieme arrivano a quello che lei chiama estasi totale.

-
Scusami – dice lui - scusami.
-
Va’ a vedere chi era – gli dice lei senza capire, mentre va in bagno a ricomporsi.
-
Amore – gli sente dire – Non avevo sentito, stavo andando a un appuntamento. Sì, sì, mamma me l’ha accennato. Devi stare tranquilla. Ne parliamo a cena tutti insieme. Di’ a mamma che passo io a prendere Giulio in piscina.

Lei esce dal bagno appena sente che la telefonata è finita.

-
Aspetta che io esca – dice lei. – non voglio che ci vedano insieme.
-
Qui ricevo tante di quelle persone, di ragazze. – dice lui – Potresti essere chiunque.

Ed è così che lei si sente adesso. Chiunque. Lo bacia sulla guancia. Lui la trattiene un momento. Il tempo di farfugliare qualcosa sulla sua prestazione troppo veloce.

-
Quanto sei stupido – dice lei. E scappa via.

Ecco perché si scusava. Questo pensa adesso, sopraffatta dallo sgomento mentre fa le scale come una ladra.

Infila gli occhiali scuri, grandi. Prende il telefono. Lo accende e lo tiene stretto in mano. Non le interessa se ha perso una telefonata, o due, o mille. È solo la speranza che lui possa farsi vivo a farle fare quel gesto. Qualunque cosa, anche un messaggio senza testo, la farebbe sentire meno fuori posto, meno nulla. Fa la strada a piedi. A un certo punto arriva un messaggio. Si rianima. Guarda il telefono. È suo fratello Cristiano che le ricorda il compleanno del figlio di Laura, sua sorella.

Non si farà vivo. Non farà niente dopo averla mandata via in quel modo.

Gli occhi degli uomini sono tutti puntati su di lei.

-
Ti guardano tutti perché sei bella come il sole – ha detto lui.

Forse è così, ma non le interessa più, anzi prova un senso di vago disgusto per quegli sguardi che si perdono sulle sue gambe, nella sua scollatura, sulla curva esagerata della schiena.

S’infila in un tram che va verso il suo quartiere. Prova pena per se stessa quando si accorge che ha ancora il telefono stretto in mano."


Clau


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