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domenica 4 dicembre 2011

Malattia d'amore


Giorgia è una sopravvissuta.
Mentre sorride alla figlia che sta per uscire per il suo primo, decisivo appuntamento d'amore (come sembra piccola, con le guance accese e gli occhi brillanti, come la ricorda identica il giorno di un suo compleanno, alcuni anni prima, pochi, troppo pochi) Giorgia si riavvia i capelli con le dita, sorride come accade così di rado, purtroppo, illuminando il salotto dove la donna e la ragazza sono in piedi, una di fronte all'altra.
Confrontarle è impossibile, forse solo un'aggrottare di sopracciglia le rende simili, forse le mani, nulla di definitivo.

Giorgia è madre da soli sedici anni, prima era quasi morta d'amore, come nei libri ottocenteschi. Per un ragazzo giapponese, perfetto come un fumetto, affascinante come un coltello d'acciaio, con un nome, Keido, che le risuonava in gola ogni volta che lo pronunciava. 
L'avevano ritrovata a New York, un relitto febbricitante, giovane e consunto, in un vicolo, nell'immondizia.
Nessuno l'aveva portata lì, se non la sparizione del suo amore, che lei aveva continuato a cercare e cercare per giorni e giorni. 
Lui non l'aveva lasciata, nessun piagnucoloso commiato fra loro, nessuna scena rituale e finale, con la quale disperarsi, più tardi, nessun cattivo ricordo se non la fredda esaltazione della sua adorazione. Era solo sparito, irrevocabilmente. Giorgia, che aveva appena scoperto che poteva essere intera e non spezzata in due come aveva sempre ritenuto, si era infranta di nuovo, stavolta in migliaia di pezzi.
L'avevano raccolta e ricomposta in un letto d'ospedale, sua madre era venuta a riprendersela e l'aveva riportata in Italia.
Chissà se Giorgia lo ricorda, mentre bacia sua figlia sulla porta.
Chissà se ricorda che aveva scritto, su un foglietto trovato da un'infermiera nei pantaloni che le avevano tolto per lavarla: "Tutta questa vita che ho dentro penso che agli altri possa infastidire. Prendo meno spazio possibile. Ma è difficile perché so che non posso cancellarmi." 
A cancellarsi però ci ha provato, ma non c'è riuscita. È rimasta viva. Ha avuto una figlia. 
Ha sposato me.
Quando guardo gli occhi obliqui di nostra figlia, la grazia orientale con la quale si muove, capisco che se Giorgia è sopravvissuta lo deve solo a sé stessa.
Perché quando temo che potrebbe andar via da me e lasciarmi solo, so che d'amore potrei morire.


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