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domenica 1 gennaio 2012

2012, 2001


Stanley Kubrick impiegò cinque anni a costruire 2001, Odissea nello spazio.
A chi gli chiedeva cosa rappresentasse il monolito che, come un deus ex machina, dà inizio e fine a tutta la storia, rispondeva che non aveva voluto fare un film che avesse una spiegazione ma un'esperienza visiva che comunicasse direttamente con l'inconscio dello spettatore.
Non era vero, ovviamente, non totalmente vero. Gran parte della sceneggiatura, quella più inerente alla trama, esiste per parlare alla nostra mente conscia e razionale. Ma, in assoluto, Kubrick aveva ragione: non c'è una spiegazione logica che ci dia conto di tutti i dettagli del film. 

Nicole Kidman ha affermato che Kubrick era solo, o addirittura, un grande narratore. Anche questa affermazione è vera, ma un grande narratore, paradossalmente, non decodifica mai tutti i motivi che l'hanno spinto a propendere per una soluzione della storia piuttosto che per un altra.
Kubrick parla al nostro inconscio usando il suo. In questa misteriosa comunicazione è racchiuso il segreto della grandezza di un film, o di un racconto, di uno spettacolo teatrale, perfino di una barzelletta.
In 2001 c'è una breve scena che mi ha rapito la prima volta che l'ho visto (avevo 12 anni, mio padre mi fece entrare fraudolentemente, il film era vietato ai 14). Scena che all'epoca parlò al mio inconscio e oggi continua, instancabile, a penetrare quello che vedo e sento.
Le scimmie, nella scena, attendono l'assalto dei loro nemici, più aggressivi e, sembra, destinati a sconfiggerli. Piove, sono nella caverna che li ripara. Aspettano, le femmine con i piccoli in braccio, il maschio, che poi imparerà a usare la tibia come arma, è nervoso ma immobile, in allarme.
Solo alcuni fotogrammi li ritraggono con gli occhi disperati ma in attesa, smarriti ma attenti, neanche loro sanno bene a cosa.
Siamo tutti così, mi sembra, stretti a coloro che fanno parte del nostro gruppo, guardiamo nella grande spaventosa notte fuori della caverna con paura e aspettativa, come se sapessimo che quello che sta per accadere sarà probabilmente una sciagura, ma non possiamo che esserne curiosi in modo straziante.
Per sapere come reagiremo, cosa siamo, in realtà, davanti a un'emergenza, faccia a faccia con i nostri limiti.
O forse no, la spiegazione è un'altra.
O forse no, non c'è una spiegazione, ma soltanto un gruppo di esseri che ha concepito un'altra storia che ci sussurra all'orecchio chi potremmo essere.
Questo siamo, un'infinita serie di racconti che ci spingono a fissare nella notte alla ricerca di noi stessi.

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