Cerca in Lettere agli Amanti

Cerca in Lettere agli Amanti

domenica 20 novembre 2011

Uccidere, la fine

Non gli aveva detto tutto. Kiara si faceva consegnare una cena giapponese a domicilio, la domenica sera. Forse lo sapeva, forse no, comunque non glielo aveva detto. Perché era il modo in cui l’avrebbe uccisa.
Aveva pensato di avvelenarla, e di restare lì a guardarla morire. Un veleno che aveva già usato, pietoso, inodore, insapore, addormentava la vittima che dopo pochi minuti smetteva di respirare. Nulla di efferato, di sanguinoso. Però, il punto era proprio quello, il sangue. Doveva segnare il bianco della sua pelle, dei suoi capelli. Ma non poteva sopportare la sua sofferenza. Un colpo solo, di piccolo calibro, alla testa, aveva deciso.

Tutto molto semplice. Aspetta l’inserviente del ristorante fuori dal portone, aspetta che KIara gli apra, cade davanti a lui, quello si piega per aiutarlo, un’iniezione al collo ed ecco, è addormentato. Lo trascina all’ingresso, si sente fortissimo, lo lascia in un angolo dietro l’ascensore, nascosto. Prende gli involti della cena, con cura, sale le scale. Ma non c’è gioia, come tutte le altre volte. Non c’è l’eccitazione della caccia. Un’infinita tristezza, invece.
Ora è tutto molto semplice. Le farà controllare quello che ha portato, senza alzare le buste verso di lei, ma obbligandola ad abbassarsi alla sua altezza. Poi, il colpo, alla nuca, netto. Sa dove sparare per non sfigurare il volto. Non sarebbe giusto. Appena del rosso sui bianchi capelli.
Suona. Lei apre.
Nulla è come aveva previsto. Lei è bellissima, questo lo sapeva già. Ha una candida veste da camera, anche questo se lo aspettava, dopo averla spiata a lungo fuori dalla finestra. La indossa appena entra in casa.
Gli occhi rossi di pianto, no, non li immaginava.
“Prego”, gli dice, voltandogli la schiena. Lui rimane fermo sulla soglia. “Entri, posi le buste sul tavolo. Dov’è Keido?”
Risponde con calma, si stupisce della sua fermezza. “Non sta bene, lo sostituisco io.” Aggiunge, non sa perché. “Solo per stasera.”
Kiara si volta a guardarlo, a lungo. Con un cenno gli indica il tavolo. Posa le buste.
“Controlli, signora”, dice, aprendo gl’involti.
“Non si preoccupi”, risponde Kiara, prendendo la borsa, “mi dica quanto le debbo.”
Sta per risponderle. Ma la pistola che lei estrae gli mozza le parole in gola.
I due proiettili lo raggiungono al petto. Resta in piedi per un lungo istante. Poi si adagia, lentamente, a terra.
Sapeva che un giorno sarebbe finita così. Era quello che voleva. Niente lunghe malattie, nessuna attesa. Due pugni sul petto, bruciore, e la vita che si sfila da lui.
Kiara e suo fratello sono giganteschi, mentre lo guardano a terra.
“Mi spiace”, dice lui, “troppi debiti, ci hanno chiesto di ucciderti per saldare tutto. Il padre di Mariano.”
Lo ricordava. Lo aveva ucciso circa un anno prima, una storia fra usurai. Evidentemente, qualcuno aveva detto che era stato lui. Gente che non dimentica.
Ha la pistola in mano, se ne rende conto solo ora. L’ha estratta per difendersi, ma non ha fatto fuoco. Non avrebbe mai ucciso Kiara, non ne era capace. Doveva solo dire che non era capace, e ora sarebbe salvo.
Morire per morire, però, meglio morire così, mentre lei lo guarda. Ecco perché aveva gli occhi rossi.
Piangeva perché non voleva ucciderlo.
La penultima cosa che vede in questo mondo è il fratello che compone un numero sul cellulare. “Pronto? Mia sorella ha subìto un’aggressione.”
L’ultima, invece, è Kiara che si china a baciargli la fronte, bagnandola di lacrime.

Nessun commento:

Posta un commento