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martedì 15 novembre 2011

Povere banche

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Studio discipline economiche da quasi dieci anni, ormai, e da circa sei mi occupo di banche.
Nonostante questo, mi piacerebbe vivere in un mondo eticamente sano, non guadagno vagonate di soldi, sono al servizio dello Stato e non faccio parte di lobby di nessun genere. Ritengo però che le banche siano un nodo cruciale del sistema in cui viviamo e, soprattutto in momenti come questi, sia giusto interessarsi ai temi che ogni giorno scorrono sui giornali.


L’Italia è un paese molto ricco, nonostante la nostra catastrofica parabola discendente siamo ancora oggi l’ottava economia al mondo. La sola regione Lombardia produce un PIL superiore a quello della Grecia. In questi giorni stiamo vivendo momenti fondamentali per il cambiamento del nostro Paese e la guida sta per essere affidata ad una persona autorevole e preparata per il difficile compito che gli spetta, ma in particolar modo per la fiducia che noi Italiani dobbiamo riporre in lui. D’altronde, le possibili dinamiche a breve termine sono essenzialmente due, o la rinascita o il tracollo, il che vorrebbe dire che quello che abbiamo visto e sentito per mezzo dei media, ma soprattutto sui nostri portafogli e in termini di opportunità per le nostre future generazioni, sarebbe solo l’antipasto di un pranzo di Natale in salsa horror.
Le mie care banche italiane, e sottolineo italiane, in tutto ciò c'entrano ben poco.
Per chi non lo sapesse, le nostre banche, dopo il fallimento di una delle più grandi banche d’affari del mondo, la Lehman Brothers, sono state le uniche a non aver chiesto aiuti di Stato, e quindi soldi pubblici. Per onestà intellettuale, gli unici aiuti che alcune banche ancora pagano sono stati emessi a prezzi superiori a quelli di mercato, quindi “aiuti” non sono proprio. Per dare solo una cifra di riferimento, l'avanzatissima Gran Bretagna ha dovuto chiedere circa 650 miliardi di sterline al popolo inglese per tenersi in piedi, e oggi ne stanno cominciando a pagare le conseguenze. Degli Stati Uniti è meglio che non vi dica nulla, rimandiamo.
La mia intenzione non è quella di proporre un manifesto pro-banche, non ne avrei l’interesse, ma solo quello di mettervi al corrente che quello che sta accadendo oggi nelle alte sfere della regolamentazione bancaria è assolutamente folle. Le banche americane e inglesi per la maggior parte sono banche d’investimento, il che è differente dall’essere banche commerciali. Sono esse ad aver causato il tracollo di un sistema centrato sul debito strutturato.
Senza entrare nei particolari, sta accadendo che la causa del male, grazie al suo immenso potere, non solo finanziario ma anche politico, sta per far ricadere i costi della nuova regolamentazione sulle banche commerciali. In un paese come l’Italia, formato quasi esclusivamente da banche commerciali, i costi di questo gioco ammontano a cifre da capogiro.
Insomma, chi ha sbagliato non paga e trasferisce le sedi in Asia, per sfuggire alle regole operando allo stesso modo, solo un po’ più lontano.
Ma non è finita qui, perché le banche commerciali, per tenersi in piedi in questi momenti, faranno ricadere questi costi sulla clientela, cioè su di noi. Questo vorrà dire meno opportunità per le persone che hanno imprese o che magari hanno il desiderio di poterne creare una nuova per un’idea vincente. D’altronde senza le banche, Apple, Google, Facebook oltre confine, o la Fiat, la Ferrari, Versace, Gucci, Ferrero e tantissime altre famosissime aziende italiane, così come tantissime altre meno note, per arrivare fino a me, ricercatore universitario che ha bisogno di un mutuo per comprare casa, non potrebbero continuare a cercare di fare qualcosa di meglio per noi stessi, per le nostre famiglie e per il Paese in cui viviamo.

Dobbiamo tutti imparare ad amare di più questa Italia, per cambiarla e migliorarla. Conoscendola, però, solo così."

Daniele Previtali

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