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domenica 20 novembre 2011

Pensieri di una passeggera agitata, parte prima

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Abbiamo dovuto dividere il post in due parti altrimenti sarebbe risultato troppo lungo. Il seguito verrà pubblicato domani.

"Dicono che quando muori rivedi tutta la tua vita. A ritroso, come una pellicola in un vecchio VHS. Generalmente, in moto, la morte non mi sembra la peggiore delle opzioni, anzi non mi sembra niente male rispetto a quello che ritengo più probabile. Rimanere monca, paralizzata, privata di uno dei sensi principali, ritardata, orrendamente sfigurata e magari anche sopravvivere al Perfido e non potermela prendere con lui, mi sembra infinitamente meno allettante della morte. E siccome quando sono in moto ho continui attacchi di vittimismo, tutte queste ipotesi alternative mi sembrano più plausibili.

In fondo morire sul colpo non sarebbe tanto male. Per me, almeno. I miei non si riprenderebbero mai. Certo, la mia parte infantile sarebbe lusingata dal fatto di essere in cima alla lista delle loro preoccupazioni per una volta. Le Barbie, poi, come farebbero senza di me? E il Perfido? Vedovo dopo neanche un mese di matrimonio e per colpa sua, per giunta. Sarebbe disperato. E anche tra le persone meno strettamente familiari ma altrettanto intime che mi vogliono bene, alcune sarebbero distrutte, altre fortemente turbate. Premesso che mi dispiacerebbe per loro, questi pensieri mi riempiono di fiera commozione. Sì, perché a tutti piace pensare di essere insostituibili. Almeno, a me, piace da morire.
In realtà, se scendessi sana e salva da questa fiammante Harley Davidson, sarebbe tutto molto più semplice. Cerco di distrarmi. Recito una mia versione personale del rosario che cambia di volta in volta, visto che non ho mai saputo l’ordine esatto delle preghiere, poi ripasso mentalmente tutte le canzoni che so. Quelle che mi piacciono, le canto. Il Perfido cerca di parlarmi, mi dice qualcosa, riguardo al paesaggio, credo, ma la marmitta è truccata, emette un boato costante e non lo sento neanche se smetto di cantare. Se insiste faccio un cenno neutro con la testa per fargli intendere che ho capito. Non voglio che si distragga. Aumenterebbe il pericolo.
Il casco mi serra la gola e la testa, mi fa male la schiena e le mie gambe stanno andando in ebollizione ma io resisto. Siamo fuori Roma. Se non resisto dove vado? Potrei appostarmi sotto un albero e aspettare che il Perfido torni a prendermi in macchina, ma non glielo propongo neanche. La troverebbe un’idea eccentrica e scomoda per lui e lui è un tantino egoista. Perderei tempo, lo farei alterare e si distrarrebbe. Aumenterebbe il pericolo.
Perché ho pensato quelle cose sulla morte, maledetta me. Ho osato sfidare il destino, sempre ammesso che esista, proprio nella situazione di maggiore svantaggio per me. Potrei cavarmela con un’altra frattura. La prima, quella della tibia, l’ho avuta proprio a causa di un incidente sul vespone di un fidanzatino che avevo quando stavo per compiere diciotto anni. Un cretino. Piaceva un sacco a mia madre, a me non molto. È stato quell’episodio a farmi venire il terrore delle due ruote. No, non sono così fortunata. Oggi muoio.
In fondo poteva andarmi peggio. Avrei potuto morire in un periodo di depressione, in uno di quei momenti in cui tutto ti sembra un incubo e tutto quello che hai fatto fino ad allora e che potresti fare, ti sembra inutile. In fondo qualcosa l’ho combinata e non sono infelice. Non ho avuto il tempo di fare neanche il dieci per cento delle cose che avrei desiderato fare, ma non sono completamente infelice.
Se faccio questi pensieri, è perché qualcosa deve succedere, evidentemente. Sembra tutto così reale, così tangibile. Che peccato. Proprio ora che avevo trovato un modo per incanalare tutta quella energia che non sapevo dove mettere.
Riprendo a cantare. Dovrei avere un repertorio più vasto, visto che è l’unica cosa che funziona per distrarmi. È l’inglese che mi frega. È pure vero che i testi non sono mai stati il mio forte neanche in italiano. Sono riuscita pure a sbagliare le parole durante le riprese dell’unico video che ho fatto. Meno male che non è uscito. Non per il labiale sbagliato, a dire la verità, quello si può correggere, ma per le mie sopracciglia alla Pavarotti. Che giornata, però. E che periodo. Un sogno che stava per avverarsi. Ci avevano chiesto addirittura i dati per il contratto discografico. È andata sempre così la mia vita. Cose grandi che mi sono sfuggite all’ultimo momento. Cose gigantesche che ho lasciato fuggire io per paura."

Clau

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