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martedì 13 settembre 2011

Il giorno dopo

Dopo l'undici settembre, nel 2001, arrivò il 12 settembre, di cui ieri ricorreva il decimo anniversario.
La Storia è una cosa singolare: si commemorano sempre i giorni in cui accadono gli avvenimenti e non il giorno seguente, quello davvero importante, come il 12 settembre, quando tutti sono cambiati.
Ma come siamo cambiati? Male.
Togliamo la cintura quando prendiamo l'aereo, per esempio. Ho sempre l'impressione, quando sono in fila all'aeroporto, che non sia una misura per scansare gli attentati, ma un modo semplice e crudele per umiliarci, per ricordarci che non contiamo nulla e che possiamo finire con i pantaloni calati da un momento all'altro.

Sappiamo tutti che le nostre sono, fisiologicamente, civiltà estremamente vulnerabili, incapaci di rispondere con una reale prevenzione a kamikaze disperati e motivati, ma fingiamo che questo non sia un problema che abbia un peso decisivo sulle nostre vite.
Siamo tutti più incerti, più preoccupati, più coscienti di essere appesi a un filo. Ma non dall'undici settembre, dal dodici. È l'anniversario della consapevolezza della nostra fragilità.
Abbiamo più paura di quanta ne avevamo il 10 settembre 2001, e in fondo al nostro inconscio o subconscio o chissacheconscio sentiamo che bisogna vivere più che mai giorno per giorno, che la costruzione di qualcosa di duraturo sia una velleità inopinata, quando basta una cintura di candelotti in una metropolitana per farci fare bum, e adieu.
Da allora, due crisi economiche spettacolari e agghiaccianti, senza eguali dal dopoguerra, la crescita esponenziale della pedofilia e degli abusi sulle donne, un lento ma non impercettibile arretramento della civiltà.
Della situazione politica italiana non parlo, si commenta da sola.
Davvero non ci sono legami fra l'attentato alle Torri e la seguente incapacità quasi patologica di progettare a medio e lungo termine? Fra Ground Zero e il disprezzo planetario della cosa pubblica? Fra il crollo di grattacieli indistruttibili e lo schianto della nostra capacità di essere solidali?
Davvero non ci sono?
Se reagissimo? Se smettessimo di avere paura?

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Il 12 Settembre è anche l'anniversario della morte di una delle menti più acute che gli Stati Uniti (e, credo, il mondo) abbiano conosciuto; David Foster Wallace. Attento analista della società americana e delle sue contraddizioni, a proposito dell'11 settembre scrisse queste parole:

    "Esistono ancora ragioni per le quali valga la pena morire? il “Sogno Americano” è una di queste ragioni? Proviamo a fare una riflessione.

    Cosa accadrebbe se decidessimo di considerare le duemilanovecentosettantatre vittime innocenti uccise dalle atrocità dell’undici settembre non come vittime ma come martiri della democrazia, “sacrificati sull’altare della libertà”? In altre parole cosa potrebbe accadere se decidessimo che una certa “dose” di vulnerabilità al terrorismo fa parte del prezzo da pagare per il Sogno Americano? E quindi ammettere che la nostra é una generazione di americani chiamati a fare grande sacrifici al fine di preservare il nostro stile di vita democratico – sacrifici che quindi non riguardano solo i nostri soldati e il nostro denaro, ma anche la nostra sicurezza personale?

    Continuando il discorso, cosa accadrebbe se scegliessimo di accettare il fatto che di tanto in tanto, al di là di ogni ragionevole precauzione, alcune centinaia o migliaia di noi possano morire in un qualche spaventoso attacco terroristico nei confronti del quale una Repubblica che non riesca a proteggersene, non può che mettere in discussione i principi sui quali si regge?

    Sono forse riflessioni mostruose? Ritenete mostruoso accennare alle oltre quarantamila vittime, morte sulle autostrade nazionali, che accettiamo ogni anno perché evidentemente la mobilità e l’autonomia della vettura ne valgono il prezzo? E’ mostruoso domandarsi perché nessun personaggio pubblico stia parlando dell’illusorio scambio tra la libertà e la sicurezza di cui parlò Ben Franklin più di duecento anni fa? Che cosa è cambiato esattamente nei nostri tempi rispetto a quelli di Franklin? Perchè non possiamo avere un dibattito nazionale serio, nel quale si indaghi sulla inevitabilità del sacrificio di (a) una porzione di sicurezza o (b) di alcuni diritti e protezioni che rendono il Sogno Americano così insestimabilmente prezioso?

    In assenza di tale conversazione, possiamo fidarci dei nostri rappresentanti eletti per valutare e proteggere il Sogno Americano mentre agiscono per la sicurezza della Patria? Quali saranno gli effetti sul Sogno Americano di Gauntanamo, Abu Ghraib, il primo e il secondo Patriot Acts, la sorveglianza senza mandato, l’Ordine Esecutivo 13233, le corporazioni private che forniscono l’industria militare, l’NSPD 51, eccetera? Immaginiamo per un attimo che alcune di queste misure possano realmente aiutare a rendere le nostre persone e le nostre proprietà più sicure… ne varrebbe la pena? Dove è quando vi è stato un dibattito pubblico per decidere se ne valga la pena? Questo dibattito non si è tenuto perché non siamo stati capaci di ottenerlo o di domandarlo? E perchè non ne siamo stati capaci? Perché forse siamo diventati così egoisti e spaventati da non riuscire a pensare a null’altro se non a migliorare la nostra sicurezza?

    Che genere di futuro possiamo augurarci?"

    il 12 settembre 2008 si tolse la vita nella sua casa di Los Angeles.

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