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sabato 22 ottobre 2011

Acquario

Quando suo padre aveva finalmente acconsentito, aveva avvertito un giramento di testa così intenso che si era appoggiato a una parete per non cadere.
Era andato subito a prendere il libro sui pesci, su in alto, nella piccola libreria nel minuscolo salone, e si era sistemato sul tavolo della cucina, dove faceva i compiti, per sfogliarlo per la millesima volta.
Avrebbe avuto il suo acquario, piccolo, con tre pesci a farsi compagnia, non di più. Voleva che stessero comodi, che potessero girare tranquilli e che, volendo, potessero non incontrarsi per giorni interi, ma che avessero sempre la sensazione di non essere soli.

Lo desiderava da anni, da quando aveva avuto un pesce rosso vinto in un luna park, al mare. Ma era durato troppo poco, due giorni dopo, chissà perché, Lucio (così l'aveva chiamato) era finito a pancia in su, a galleggiare nella ciotola che sua madre gli aveva dato per tenerlo.
Ora avrebbe avuto un acquario vero, con un piccolissimo galeone affondato, una cavernetta dove rifugiarsi e qualche alga, vera, però. E loro, i tre pesci, quello trasparente che pareva una radiografia, quello nero e rosso e il suo preferito, il Corydoras, che sembra un piccolo squalo maculato.
Li guarda e li riguarda, sul libro, li chiama per nome, sottovoce.
Anche lui, quando arriveranno, non si sentirà più solo.

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