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sabato 1 ottobre 2011

Scoppie

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

"Come ogni mattina alle sette, la Volpe si svegliò nel suo letto. Cominciava un'altra giornata di lavoro. Non è che ne avesse tutta questa voglia. Sentiva i segni di una certa stanchezza, anche se fisicamente da 130 anni era sempre uguale. Certo, quella maledetta zampa lo costringeva a zoppicare, ma oramai ci aveva fatto l'abitudine.

Come ogni mattina, annusò l'aria per sentire l'odore del caffè che il Gatto gli preparava per la colazione. Era un abitudine consolidata che il suo partner si svegliasse mezz'ora prima per fargli trovare sul tavolo della cucina una corroborante tazza di liquido forte e nero che gli snebbiasse il cervello.
D'altronde era lui la mente della coppia. A lui era affidato il compito di convincere quello sventato burattino a dargli i cinque zecchini d'oro. Il Gatto serviva solo per impietosire la loro vittima, con quella sua limitata intelligenza e quegli occhialetti neri che nascondevano una miopia oramai prossima alla cecità.
Ma quella mattina, annusando l'aria la Volpe non sentì nulla.
Preoccupato, si alzò e andò in cucina. La tavola non era apparecchiata. Non c'erano le tazze, non c'era il bricco del caffè, non c'era nulla.
Per la prima volta dopo 130 anni, un brivido freddo gli corse dietro la schiena.
Uscì dalla baracca e cominciò a chiamare il suo amico con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Nessuna risposta.
“Ma dove si è andato a ficcare quel guercio maledetto? Gliel'ho già detto che non deve uscire da solo! Quel coglione si è perso!”
Ma ormai era tardi. Non c'era tempo per le ricerche. Doveva arrivare a pagina 64 e bloccare Pinocchio come sempre.
“Va bene, oggi lo farò da solo. In fondo quell'idiota è sempre stato una palla al piede!”
Prese il bastone e percorse il sentiero per arrivare al paese. Ma la gamba gli impediva di camminare svelto. Da quando erano stati creati si era sempre appoggiato al Gatto, che ci vedeva poco ma le gambe ce le aveva buone.
Bestemmiando, arrivò finalmente nel borgo del fatidico incontro. Per la prima volta in vita sua aveva il fiatone e sudava come una fontana. Sperava, in cuor suo, che il suo compare fosse già lì. Gli avrebbe fatto un cazziatone ma tutto poi sarebbe continuato come prima. Non c'era nessuno. L'orologio del campanile aveva già suonato mezzogiorno.
La Volpe si guardò intorno e vide in lontananza l'ombra di un burattino che si allontanava fischiettando stringendo in mano un sacchetto di monete.
“Porca puttana è già passato!” disse con disperazione. Cercò di raggiungerlo chiamandolo ad alta voce: “Pinocchio! Ehi, Pinocchio!!”. Ma il burattino era diventato ormai un puntino nell'orizzonte.
“ E adesso che succederà?” Si chiese terrorizzato.
La sensazione che tutto stava finendo gli strinse forte la gola. E per la prima volta nella sua vita si mise a piangere.
La Volpe si sentiva sola, sola come un cane.
“Gatto!!! Ma dove sei??”.


Era l'alba sul lago di Como e don Abbondio, come tutte le mattine, passeggiava per una sterrata stradina leggendo il suo breviario. Improvvisamente gli si pararono davanti due brutti ceffi. Ma con suo sommo stupore da un cespuglio spuntò anche un gatto con degli occhiali neri. Il canonico non riusciva a capire perché l'animale continuasse a chiamarlo Pinocchio."

Andrea Lolli

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