Cerca in Lettere agli Amanti

Cerca in Lettere agli Amanti

giovedì 6 ottobre 2011

Sonno

"Non ho avuta una vera infanzia", dice, guardando per terra, "piuttosto una specie di sospensione dell'esistenza. Sono nata e poi mi sono ritrovata prigioniera del corpo di un adolescente."
Non si sposta dal divano, la mia amica, ma è quasi l'alba e ho sonno, tanto sonno.
Mi guarda.
"Va bene, è tardi, me ne vado."
"No", mi sento dire, "resta ancora un poco, mi fa piacere."
A casa sarebbe da sola, in quell'ora che è fra la notte e l'alba nessuno dovrebbe stare da solo, è così difficile.
Lei dorme così poco.
Ma mi si chiudono gli occhi, mentre la guardo. Non può non accorgene, deve scegliere fra il suo egoismo e la mia stanchezza.


Vince l'egoismo.
"Insomma, l'infanzia non me la ricordo. Guardo le foto di me da bambina e non riesco a riconoscere le gonnelline, i giocattoli, i compagni di scuola. Come se mi avessero tenuta in ibernazione."
"Io c'ero", rispondo.
"Sì, tu sì. Tu c'eri già."
Annuisco, con un sorrisetto complice. Di che, poi. Non capisco cosa dice, di cosa stia parlando. Ho solo sonno.
Mi guarda ancora. "A che ora, ti alzi, domani?", chiede.
"Sei e tre quarti, devo accompagnare la bambina a scuola. Ci mette un'ora a prepararsi."
"Non l'accompagna Maria?"
Mia moglie. Lei e Francesca sono andate a dormire almeno quattro ore fa, lasciandomi consumare il dopocena sul divano con la mia amica insonne.
"No, l'accompagno io. Lei vuole così."
L'ora della mia sveglia l'ha scossa, ha risvegliato il suo senso di colpa. Si alza.
"Va bene, vado."
"T'accompagno."
Sulla porta, due baci sulle guance. Rimane a guardarmi.
Ritento il sorrisetto, annuisco ancora, fingo una complicità che non c'è più, non quando ho così sonno.
No, non c'è più e basta. Io, una moglie, una figlia. Lei, da sola. Ormai cosa abbiamo in comune?
"È stato bello però, vero?"
Mi ha letto nel pensiero? Mi si snebbia per un attimo il cervello. Ho paura d'averla ferita.
"Cosa?"
Stavolta è lei a sorridere, senza rispondere.
È la mia amica, tanti anni insieme, le debbo sincerità.
Mi sforzo di guardarla in viso. Le dico la verità.
"Sì, è stato bello."
"E non è più", conclude, voltandomi le spalle e imboccando le scale.
Vorrei fermarla, ma sono sollevato che se ne sia andata. Tanto, la rivedrò, lo so.
La sento cantare per le scale, ma non afferro bene la melodia. Qualcosa che conosco, ma che non ricordo bene.

Quando alle sei e quarantacinque suona la sveglia, ho già gli occhi aperti.
Mi mancherà.

Nessun commento:

Posta un commento